Quante volte capita, magari dopo una lunga giornata di lavoro, di trovarsi per una breve spesa al supermercato con un certo languorino? Ed è mentre imbustiamo il necessario per i giorni successivi che il nostro sguardo, specie in prossimità delle casse, cade su snack, piccoli peccati di gola, bibite dissetanti di cui improvvisamente abbiamo voglia. Cedere alla tentazione, come abbiamo visto in un precedente articolo, non è poi così difficile, specie quando non consciamente pensiamo di meritare un piccolo premio per la giornata appena trascorsa: proprio su quei “guilty pleasure” i supermercati giocano posizionandoli non a caso in zone strategiche, dove l’acquisto sta per essere completato e quindi l’aggiunta di un altro prodotto al carrello diventa quasi compulsiva.

Il supermercato dei nudge

Certo è che un meccanismo simile non aiuta a compiere scelte per il bene della nostra salute. Proprio per questo, rifacendosi alla teoria dei nudge di cui abbiamo ampiamente parlato in precedenti articoli, un supermercato apparso recentemente nel centro di Londra, si è prefissato come obiettivo di sovvertire l’ordine delle cose, presentando uno store temporaneo in cui i clienti fossero portati a compiere decisioni migliori per un’alimentazione più sana. Il nome?

Nudge, ovviamente, un chiaro rimando alla teoria sviluppata dei premi Nobel Thaler e Sunstein, a cui si ispira la filosofia del supermercato: se acquisto compulsivo deve essere, che almeno sia il più salutare possibile. Nudge nasce da un progetto congiunto tra la Royal Society for Public Health (RSPH) e l’associazione Slimming World che si poneva l’obiettivo di progettare un supermercato concepito da dietisti professionisti. L’idea di base è quella di limitare la visibilità e lo spazio concesso al “junk food”, mettendo anzi in posizioni preminenti cibi salutari, il tutto corredato da brevi dimostrazioni di cucina salutare e ricettari pensati per favorire un’alimentazione bilanciata.

Il junk food, seppur presente nello store, non è mai disposto a livello dello sguardo: accanto ad esso, comunque, viene sempre posta un’alternativa più salutare

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Il contesto che influenza la scelta

Il supermercato dei nudge nasce con l’intento di dimostrare se effettivamente, in un ambiente in cui la priorità è la salute dei consumatori quando si tratta di compiere scelte d’acquisto, le persone siano portate a porre nel carrello alimenti più sani.

Un esperimento che illumina su quanto conti l’influenza del contesto in cui viene presentato un cibo salutare la porta Google: la “free food policy” applicata dall’azienda, secondo cui chiunque poteva mangiare qualsiasi cosa gli andasse in ufficio, aveva portato i dipendenti a prendere mediamente quasi 7 chili a testa.

Google ha allora modificato la disposizione del cibo nei punti di ristoro interni, spostando, ad esempio, merendine, snack e patatine nel retro del bar, dietro il bancone o riducendo le porzioni di cibo disponibile. Il dettaglio interessante è che nessuna scelta è stata impedita ai dipendenti che, se ne avessero avuto voglia, avrebbero potuto tranquillamente comprare ancora junk food, che però era più difficilmente raggiungibile rispetto a quello sano. Il contesto di scelta, però, è stato efficace nel favorire scelte più salutari senza imporre un “regime” alimentare sano per tutti.

Negli uffici newyorkesi di Google, ad esempio, le M&M’s sono state spostate da un contenitore aperto e trasparente a un barattolo opaco, che nascondeva alla vista le caramelle: ebbene, dopo il cambio di contenitore, i dipendenti di Google hanno consumato 3 milioni di calorie in meno in M&M’s. Il framing, ossia inquadrare un oggetto, un messaggio in un modo diverso, in questo caso ha aiutato le persone a compiere scelte migliori per la loro salute.

Ma funziona?

È normale chiedersi, però, se favorire l’acquisto di alimenti più sani renda effettivamente le abitudini giornaliere delle persone più salutari. Chi impedisce loro, infatti, di uscire dal supermercato e prendere un hamburger al primo fast food anche se nei sacchetti della spesa c’è dell’insalata?

Cambiare abitudini ben radicate come l’alimentazione giornaliera è complicato, specie perché il nudge – in questo caso in particolare – si concentra più che altro sul momento dell’effettivo acquisto, seppur nel supermercato inglese la proposta di cooking class e ricettari sia stata architettata proprio per suggerire nuove abitudini, almeno ai consumatori più ricettivi. Chissà che non si possa partire da qui per favorire intenzioni d’acquisto consapevoli che, conseguentemente, portino a uno stile di vita migliore.

Fonti:

Neural Sense, Can Nudge Marketing in Supermarkets Make us Healthier?