Come ricordato nel suo blog da Roger Dooley, speaker e autore di diversi titoli dedicati al neuormarketing, tra le parole più influenti e ingaggianti nel marketing e nella comunicazione non possono mancare “gratis” e “nuovo”. E se la possibilità di non dover sborsare nemmeno un centesimo per ottenere qualcosa spiega da sé l’appeal che esercita sulle persone, grazie alle neuroscienze ora sappiamo che il nostro cervello è istintivamente attratto da ciò che è nuovo, anche se talvolta ne è intimorito perché fuori dagli schemi che gli sono familiari.

La ricompensa dietro alla novità

Le neuroscienze spiegano, come riporta Dooley sul suo blog, come la novità attivi non consciamente, nel nostro cervello, il centro imputato alla ricompensa: un elemento che probabilmente ha guidato i nostri antenati nella ricerca di nuove fonti di sostentamento, di insediamento, di sopravvivenza. Nonostante oggi non sia più necessario scoprire di cosa possiamo cibarci senza problemi, questo senso di ricerca, individuazione e metabolizzazione della novità continua ad attirarci verso quanto ancora non conosciamo, o magari verso qualcosa che abbiamo già incontrato ma ci viene presentato in una veste nuova. Pensate a un prodotto a voi caro, il cui packaging ha subito un forte restyling.

Questo spiega la portata attrattiva di diciture come “Nuova ricetta” su un pacco di biscotti: anche se non sono i nostri preferiti, la curiosità di provarli e – chissà? – apprezzarli proprio per la nuova ricetta potrebbe spingerci a metterli nel carrello della spesa.

Un esperimento della dottoressa Bianca Wittmann, del Wellcome Trust Centre for Neuroimaging dell’University College di Londra, dimostra quanto il fascino della novità possa influenzare non consciamente le nostre decisioni. Ai diversi partecipanti al test era stato richiesto di scegliere, mentre la loro attività cerebrale era sotto osservazione con la fMRI (la risonanza magnetica funzionale), tra una selezione di diverse carte a cui erano collegate relative ricompense. Nel corso dell’esperimento, ai soggetti venivano presentate di volta in volta una serie di carte già incontrate in precedenza, mischiate però con altre a cui non erano mai stati esposti. I ricercatori hanno osservato che nei soggetti che compivano scelte “nuove” si attivava l’area dello striato ventrale, una parte primitiva del nostro cervello limbico associata proprio al senso di ricompensa. Secondo la dottoressa Wittman, quando affrontiamo e abbiamo a che fare con una novità, il cervello rilascia dopamina, il neurotrasmettitore legato proprio alla soddisfazione di un reward.

Nonostante la potenza attrattiva che tutto ciò che è nuovo sprigiona, sono proprio le neuroscienze a ricordarci comunque che troppa novità possa invece inibire la decisione a uscire da sentieri già percorsi: non consciamente siamo infatti molto legati alle nostre abitudini, a ciò che ci è familiare. Il neuromarketing ha osservato come, ad esempio, cambiare logo di un brand possa portate a un’impennata di attenzione iniziale da parte del pubblico, ma che col tempo potrebbe inibire il rapporto di fiducia e familiarità dei consumatori con i suoi prodotti. La soluzione è, chiaramente, usare buon senso per calibrare la necessaria spinta ad innovare l’immagine di un brand o di un prodotto, ricordando e mantenendo però ciò che lo rende affine e riconoscibile alle persone che lo scelgono giorno dopo giorno.

Fonti:

Roger Dooley, The Power of New.