“Without language, thought is a vague, uncharted nebula.”
― Ferdinand de Saussure
Comunicare significa prima di tutto condividere, offrire qualcosa in comune con gli altri, come dimostra la parola latina da cui deriva: communis, ossia che appartiene a tutti.
La comunicazione quale che sia la sua forma — chimica, elettrica, vocale, mimica — è per ogni specie la base del vivere comune, dell’identificazione come parte dello stesso gruppo, nonché lo strumento per creare relazioni tra individui.
Questo è indubbiamente vero per le specie animali, ma non solo: gli ultimi studi in campo botanico hanno messo in luce le grandi capacità comunicative del regno vegetale, laddove le piante sono capaci di scambiarsi messaggi, richieste di aiuto e segnali di allarme in linguaggio chimico attraverso l’esteso network radicale, a volte amplificato dalle ife di funghi.
Va da sé che per noi umani la comunicazione è ancora più fondamentale non solo per la funzione base di scambio di informazioni e messaggi, ma perché essa ha giocato un ruolo essenziale nel nostro processo evolutivo e continua a ricoprirlo nel nostro vivere civile in società.
L’evoluzione della comunicazione in parallelo a quella del nostro cervello
Gli esseri umani sono infatti stati capaci di evolvere enormemente le primitive capacità comunicative — che all’inizio della nostra storia erano tese soprattutto ad agevolare la sopravvivenza. L’evoluzione della comunicazione è avvenuta di pari passo con lo sviluppo dell’apparato cerebrale umano.
Nel tempo il cervello limbico si è infatti aggiunto a quello primitivo, il rettiliano, permettendoci di distinguere e riconoscere emozioni, nostre ma anche quelle altrui, rendendo più facile ed immediato riconoscere individui amici piuttosto che nemici. Da questo passo evolutivo è derivata la capacità di provare empatia, che ha fortemente rafforzato le nostre capacità relazionali.
In tempi evolutivamente più recenti si è aggiunto il terzo apparato cerebrale, la neocorteccia — che è la sede del pensiero complesso, astratto, proiettivo e della capacità di calcolo — con cui abbiamo per così dire, fatto un forte balzo avanti come individui complessi dotati di vasta attività cerebrale sia non conscia che consapevole.
Contesto, stimoli e percezione
I tre apparati cerebrali sono strettamente interconnessi anche se processano le informazioni e il contesto di riferimento in modo differente: i primi due lavorano in maniera molto veloce, automatica, non conscia e senza richiedere dispendio di energia, mentre il funzionamento del terzo è sensibilmente più lento, laborioso, consapevole e risente della fatica e del nostro stato psico-fisico.
Il contesto che ci circonda influisce molto sul modo in cui reagiamo agli stimoli esterni: in caso di grave pericolo o emergenza ad esempio l’apparato primitivo rettiliano prende il sopravvento in base a parametri strettamente legati alla sopravvivenza, come fuggire, combattere, accoppiarsi o nutrirsi.
È provato che le emozioni siano alla base ed indirizzino ogni nostra decisione ben prima che la nostra razionalità possa intervenire per ratificarle o censurarle.
Le diverse forme di comunicazione
È bene specificare che la comunicazione avviene tra noi umani in molte forme: dal body language, alle espressioni del viso — molte delle quali avvengono in maniera non consapevole — dal linguaggio verbale, nel quale le metafore hanno un forte valenza persuasiva poiché accendono immediatamente forti e rilevanti associazioni mentali, all’aspetto visivo che ha grande importanza perché dei cinque sensi, la vista è quello che gioca un ruolo più determinante nella percezione degli stimoli.
La comunicazione e le relazioni sono dunque centrali nella nostra vita, quale che sia il momento o la fase che attraversiamo. Basta vedere come nel momento attuale di necessario isolamento si sono avute spontanee manifestazioni di massa tese proprio a connetterci con gli altri seppur a distanza, a ritrovare il senso di appartenenza: dai cori e gli applausi sui balconi, al fiorire di chat e videochiamate di gruppo, fino ad un rinnovato spirito patriottistico, ripreso anche in molte campagne pubblicitarie di questi giorni.
Il ruolo della comunicazione nel momento presente e nel prossimo futuro
Una recente ricerca internazionale effettuata da Kantar ha evidenziato che anche in questo momento così eccezionale le persone si aspettano che i brand comunichino, purché in grado di dimostrare con autenticità e in maniera credibile la capacità di essere vicini e di aiuto alle persone. Quest’aspettativa non stupisce chi si occupa di Brand image e degli aspetti neuro-scientifici della relazione tra marche e persone come noi di Ottosunove.
È stato infatti dimostrato come le marche a cui siamo più affezionati e fedeli, a cui ci lega una forte affinità, attivino a livello cerebrale la stessa area collegata alle relazioni con persone amate: di fatto certe marche sono per noi di famiglia.
In un contesto complesso come quello attuale, dove siamo animati da emozioni forti come paura, ansia, incertezza del futuro, sgomento di fronte al cambiamento delle nostre più consolidate abitudini è dunque naturale che ci si aspetti vicinanza e aiuto da chi ci è caro e quindi anche dai brand che amiamo.
I brand devono quindi continuare e/o riprendere l’attività di comunicazione ponendo però grande attenzione alla rilevanza e credibilità dei propri messaggi rispetto al mutato contesto. È maturo il tempo di abbandonare comunicazioni troppo strettamente collegate all’isolamento e di evitare stereotipi fin troppo abusati, ma d’altro canto non si può pensare di ritornare a campagne o strategie uguali a quelle attuate prima della pandemia, come se nulla fosse accaduto.
Nelle passate settimane tutti, in maniera più o meno consapevole, abbiamo necessariamente rivisto l’ordine delle nostre priorità, anche nella lista degli acquisti attuali e prossimi, con una ridefinizione del necessario e del superfluo. Per quanto quindi l’aspetto funzionale delle proposte commerciali resti ovviamente importante — sempre che sia distintivo e rispondente agli effettivi bisogni — molto più di prima la personalità del brand e la sua equity rivestiranno un ruolo portante.
L’identità di marca nella mente delle persone e l’importanza dell’adesione ai suoi valori
Bisogna ricordare che le marche sono costituite da una rete di associazioni mentali nella mente delle persone, alcune consapevoli molte non consce. L’effettivo grado di adesione delle persone ai valori di una marca può essere rilevato dall’Implicit Association Test: una metodologia di ricerca neurometrica che consente in modo facile e veloce di andare oltre il dichiarato razionale e indagare la convinzione effettiva delle persone verso i suoi tratti di personalità valoriali.
L’aderenza a questo insieme di valori è vincolante perché il brand sia percepito come autorevole, affidabile e vero; nel costruire la comunicazione si dovranno identificare quei valori più rilevanti e profondamente sentiti dalle persone nell’attuale contesto, rafforzandole con iniziative e messaggi ad hoc in modo da suscitare la percezione di reale vicinanza e stimolando quel principio di reciprocità che agevola la considerazione e l’intention to buy.
Va da sé che se in ambito marketing e comunicazione un approccio informato dalla conoscenza dei processi cerebrali profondi e non consci delle persone è sempre necessario per capire compiutamente le motivazioni delle loro scelte e dei loro comportamenti, questo è ancora più cruciale in questa circostanza dove sia il contesto generale che gran parte degli stimoli che influenzano la percezione delle persone sono tali da attivare più del solito quei meccanismi automatici e non consapevoli – bias cognitivi – che influenzano fortemente comportamenti e atteggiamenti.
Per chi volesse saperne di più o volesse conoscerci meglio siamo a disposizione con le nostre tre business unit: Brand Voice per tutto ciò che attiene alla Brand Communication, Action per le attività promozionali e Lab per In-store design.
Comments by Barbara Monteleone