Il marchio non è più solo un nome ma una raccolta di associazioni ed emozioni nella mente del consumatore”. Con queste parole di Daryl Weber, brand consultant ed ex global director della strategia creativa di The Coca-Cola Company, è cominciata parte di business a CERTAMENTE 2017, il convegno nazionale di neuromarketing che abbiamo organizzato il 2 e 3 marzo scorsi a Milano.

Sono stati molti gli spunti interessanti venuti fuori durante le due giornate, ma se non avete avuto modo di partecipare vogliamo rendervi partecipi di un nostro studio presentato al convegno, e i cui risultati meritano di essere divulgati a quanti ci conoscono e ci seguono. 

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Ogni brand è associato nella nostra mente ad una serie di esperienze ed emozioni, connesse tra di loro, che si ripropongono, si confermano e si rafforzano ogni volta che entriamo in relazione con esso”, ha affermato Luca Florentino, CEO di Ottosunove. Queste associazioni, per lo più implicite e non consce, influenzano le nostre scelte di consumo e, se sono positive, sono in grado di determinare il successo di un brand e la fidelizzazione dei clienti.

Non si tratta soltanto di comunicazione istituzionale, advertising o web. Il consumatore viene a contatto con il prodotto in contesti che sono lontani dal mondo dell’advertising o del web. Anche all’interno degli store le associazioni positive dovrebbero rivivere per portare il consumatore all’acquisto.

Questo è ancora più vero in operazioni di revisione della brand identity che rimettono in discussione queste associazioni, come il caso del recente re-branding di Bosch Elettrodomestici. A un certo punto l’azienda si è resa conto che la percezione del consumatore era un po’ troppo rigida e seriosa. Da italiani potremmo dire che il brand veniva percepito come troppo “tedesco”. C’era bisogno di una revisione, di risultare più caldi, più umani e vicini al consumatore.

L’azienda ha cercato di spostare l’attenzione dal prodotto al concetto di “soluzioni per il consumatore”, ha affermato Manuela Ricci, Trade Marketing Manager di BSH Elettrodomestici. A partire della corporate identity, e tramite studi sui colori e sulle forme, sono stati introdotti elementi grafici che hanno avvicinato il brand al consumatore e allo stesso tempo esprimono la complessità del marchio. Ma se il marchio cambia, deve cambiare anche l’approccio dell’azienda e trasmettere il messaggio emozionale al consumatore in ogni contesto.

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In Ottosunove sappiamo bene che la decisione di acquisto, anche di un elettrodomestico, non è un processo completamente razionale. All’interno di questo percorso, soprattutto in Italia, la relazione con un addetto vendita o una promoter all’interno di uno store è un momento cruciale, in grado di determinare la scelta finale. Il personale con cui si entra  in contatto in negozio rappresenta, agli occhi del consumatore, la marca stessa: ne è il volto e la voce, ne deve rispecchiare il carattere e la personalità.

In un momento di cambiamento della comunicazione di marca verso una dimensione più emozionale e valoriale, anche la formazione B2B deve essere coerente con la nuova identity per migliorare la relazione dell’addetto vendita con il consumatore, coinvolgendo dimensioni emotive più profonde. Ma per raggiungere questo obiettivo è necessario che i valori del brand siano non solo conosciuti, ma acquisiti e vissuti anche a livello emotivo dagli agenti e dagli addetti vendita dei negozi stessi, che sono il punto di contatto finale con il consumatore.

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Abbiamo avuto l’occasione di testare un nuovo approccio formativo con la nostra rete di trade marketing assistant che per il gruppo BSH fa formazione agli addetti vendita, visitando centinaia di store in tutta Italia ed erogando migliaia di ore di formazione in ambito B2B, veicolando informazioni tecniche di prodotto.

One must be convinced to convince, to have enthusiasm to stimulate the others”, scriveva lo scrittore austriaco Stefan Zweig. Bisogna essere convinti di quello che si dice e vivere un brand in maniera profonda, incarnare in prima persona i valori del marchio per poter essere efficaci su gli altri. Per questo abbiamo condotto dei test sull’associazione implicita (IAT) per misurare questi aspetti e poterli adeguare alla nuova identity.

Nella prima fase, tramite un classico brainstorming, abbiamo notato che le associazioni dichiarate erano abbastanza legate alle caratteristiche di prodotto. Successivamente, tramite dei test psicologici, abbiamo valutato le dichiarazioni esplicite di aderenza a ciascun valore di brand: innovazione, vicinanza al cliente, solidità, facilità d’uso, sostenibilità ambientale, accessibilità e performance. Tutti i nostri trade assistant hanno dimostrato un forte accordo con i valori di Bosch.

Con il nostro partner scientifico BrainSigns, spin-off dell’Università Sapienza di Roma, siamo andati oltre a quanto esplicitato impiegando l’Implicit Association Test. L’IAT è un test che si svolge al pc e che consente di compiere una scelta tra possibili opzioni. Quello che si valuta sono i tempi di risposta, permettendoci di verificare l’adesione ai concetti testati.

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A differenza dei risultati dei test psicologici e delle dichiarazioni espresse dai trade assistant, i risultati hanno mostrato in realtà una condivisione tiepida per tutti i valori del brand, mentre l’adesione alla marca rispetto ai competitor è stata sempre molto più alta. Ci è stato subito chiaro che bisognava presidiare la comunicazione dei valori di Bosch con un iter di formazione che ne aumentasse il livello profondo di condivisione.

In seguito ad un ciclo formativo fatto di ricerca individuale e lavoro collettivo con dinamiche di gioco e simulazione, abbiamo cercato di associare ad ogni valore del brand un’emozione o sentimento, ricercando un avvicinamento emotivo che potesse portare a un cambiamento duraturo. Confrontando il brainstorming iniziale con quanto emerso alla fine del primo ciclo di formazione, si è passati da tecnologia, silenziosità, durevolezza, risparmio energetico, a fedeltà, esperienza, radici, storia, identità e consapevolezza.

Dopo un mese e mezzo abbiamo condotto una seconda batteria di IAT, e si sono notati alcuni miglioramenti. Si tratta ovviamente di un percorso formativo lungo e non basta certo un ciclo di formazione per prendere consapevolezza di questi aspetti, ma la parte implicita comincia ad essere espressa e ci aspettiamo che nei prossimi mesi vengano maggiormente interiorizzati e trasferiti agli addetti vendita, che a loro volta li trasferiranno al consumatore finale.

In conclusione, “è fondamentale che il bond emotivo tra i valori di marca e il cliente finale vada sviluppato lungo tutto il processo d’acquisto, coinvolgendo anche i mediatori esterni di questo percorso (agenti, trade assistant e personale di vendita)”, sostiene Luca Florentino. Se l’associazione del consumatore è positiva e, quando arriva nel punto vendita, l’esperienza di acquisto che è mediata da un venditore è negativa, le associazioni positive legate al brand si indeboliscono. Inoltre, senza gli studi con IAT sulla parte non conscia sarebbe stato difficile valutare in maniera più completa l’adesione ai valori di marca, l’identificazione di eventuali lacune e avere delle basi solide per impostare una formazione ad hoc. Per essere efficaci bisogna supportare adeguatamente anche gli operatori nella costruzione di dischi di vendita più coinvolgenti, convincenti e vicini al consumatore.