Riprova sociale, framing, scarsità: sono diversi i bias cognitivi che sottilmente influenzano i nostri comportamenti, come abbiamo mostrato sul nostro blog nelle scorse settimane. Sebbene essi siano meccanismi non consci che si attivano comunemente a livello cerebrale durante il processo decisionale, è bene precisare che i comportamenti che ne derivano sono influenzati anche dal contesto e possono di conseguenza variare tra gruppi di persone. Le tendenze comportamentali possono infatti variare da individuo a individuo in base a una cospicua serie di fattori personali, così come la percezione di uno stesso stimolo può provocare reazioni anche molto differenti.

Il contesto e la percezione degli stimoli

Il contesto in cui avviene la percezione di uno stimolo è determinato da molte variabili, alcune delle quali sono così profondamente radicate in noi da incidere anche nel non conscio collettivo: tra queste ad esempio la cultura, l’educazione ma anche la fase di vita in cui le persone si trovano.

Si spiegano così alcune diversità nei comportamenti che abbiamo osservato questi giorni: anche di fronte ad un’emergenza globale come quella attuale, a livello transnazionale ma anche a livello individuale la naturale resistenza al cambiamento si è fatta sentire in maniera più o meno forte, motivo per cui l’invito all’isolamento è stato seguito in tempi e con consapevolezza difformi.

Influenza dell’elemento culturale sul comportamento

Prendiamo come esempio le diverse reazioni all’emergenza legata al COVID-19 tra Oriente e Occidente.

Per parlarne riprendiamo alcune considerazioni fatte da Crawford Hollingworth, speaker della V edizione di CERTAMENTE, il convengo su neuromarketing e behavioural sciences che Ottosunove organizza ogni anno.  Il background culturale asiatico di paesi come la Corea del Sud, fa sì che le popolazioni orientali siano molto più inclini rispetto a quelle occidentali ad assumere e a conformarsi a comportamenti collettivi, anche molto restrittivi. Le culture orientali sono infatti tradizionalmente più portate a pensare a livello comunitario rispetto ad altre, come quella statunitense, che tendono ad avere una visione individualistica della vita e delle relazioni, facendo quindi più fatica ad accettare misure che limitano la libertà personale a favore del bene comune.

Come dimostrato da ricerche di Gemma Calvert, direttrice del Research and Development Institute on Asian Consumer Insight, di fronte all’immagine di una foresta, un osservatore asiatico si concentra sul contesto nella sua totalità, visualizzando gli alberi come un insieme, mentre gli osservatori occidentali tendono a focalizzarsi sugli elementi singoli, concentrando l’attenzione su un solo albero.

Questo può spiegare come mai i lockdown in Asia siano stati adottati dalla popolazione con meno resistenze e più rapidamente rispetto a nazioni come la nostra, in cui è servito più tempo e una serie di decreti gradualmente più restrittivi, oltre che di esortazioni da parte di personaggi famosi ed amati per far sì che l’isolamento fosse accettato e messo in pratica.

Applicando questo assunto alla comunicazione, diventa evidente come un messaggio coinvolgente ed efficace per noi italiani può non essere automaticamente replicabile tal quale in paesi molto diversi dal nostro, come potrebbe essere il Giappone.

Un esempio dall’advertising

Questi principi sono stati messi in pratica da Toyota per comunicare in modo più coerente efficace alla popolazione americana sempre più vasta e variegata a livello etnico e culturale.

È stata creata creato una campagna multi-soggetto per cui ogni spot vede come protagonista individui di differenti etnie, rappresentati in diversi contesti socio-economici e background culturali, permettendo così al variegato spettro di spettatori una maggiore identificazione, quindi rendendo più attraente l’auto pubblicizzata.

Fonti:

C. Hollingworth, L. Barker, New frontiers of Behavioural sciences, WARC.

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