Lo sappiamo bene tutti, ormai, che per evitare che il numero di contagi da coronavirus aumenti, il comportamento più saggio e utile da tenere è quello di restare in casa e uscire soltanto in caso di necessità. Ci sono voluti molti giorni, però, perché il messaggio passasse e fosse accolto da gran parte degli italiani, anche grazie a slogan come #iorestoacasa, diffusosi con rapidità sui social media e ripreso da celebrità per sottolineare l’importanza del social distancing. Vedere le altre persone, soprattutto i nostri amici o conoscenti, decidere di stare a casa per il bene comune e promuovere pubblicamente questo atteggiamento ha fatto sì che pian piano ci adeguassimo a quella che in poco tempo è di fatto diventata la norma, il comportamento giusto da tenere.

La riprova sociale: il comportamento dell’altro che influenza il nostro

Si tratta di un esempio di come attraverso le azioni degli altri decidiamo quale debba essere il comportamento giusto da parte nostra, specialmente quando questi altri ci appaiono simili a noi”, come spiega lo psicologo Robert Cialdini. È un meccanismo non conscio definito “riprova sociale”, un principio secondo il quale ricerchiamo l’approvazione degli altri, nei cui comportamenti tendiamo a rispecchiarci per sentirci nel giusto.

Questo è vero soprattutto quando non siamo del tutto convinti della bontà di ciò che facciamo e quindi osserviamo la risposta di persone che riteniamo simili a noi, il cosiddetto “gruppo di pari”.

Perché piuttosto che incorrere in comportamenti che deviano da quelli della collettività, a livello non conscio preferiamo imitare quelli degli altri? Perché la parte più antica, automatica e istintiva del nostro cervello è naturalmente portata a preferire far parte di un gruppo piuttosto che agire individualmente. Il gruppo, in Antichità, ci ha assicurato infatti maggiore sicurezza contro pericoli esterni: lo vediamo tuttora nel mondo animale, dove molte specie tendono a muoversi in branchi o stormi per essere più forti. L’esemplare isolato è un facile target per i predatori.

La riprova sociale nel marketing

Un simile meccanismo mentale ci espone però alla difficoltà di esaminare criticamente il nostro comportamento: non è detto, infatti, che quello a cui ci adeguiamo sia il migliore soltanto perché sono in tanti a seguirlo.

Uno degli esempi più classici per mostrare la riprova sociale in azione ha a che fare con la ristorazione: è probabile che nel decidere in quale locale andare a cena dopo un giro in centro, ci baseremo, sul numero di tavoli occupati nel locale, prima ancora che oltre che sul menù esposto all’ingresso. Un locale affollato infatti, viene automaticamente associato a una migliore qualità di cibo.

Trasposto a livello digitale, un simile meccanismo ha favorito l’ascesa di portali come TripAdvisor, grazie a cui oggi chiunque può leggere recensioni su esperienze e locali ed evitare di incorrere in spiacevoli sorprese: più un ristorante ne ha di positive, più andremo sul sicuro prenotando un tavolo, implicitamente fidandoci del giudizio di chi “come noi” ha preso in considerazione quello stesso ristorante.

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