Del principio di reciprocità avevamo già parlato nel nostro blog: quando riceviamo un regalo, siamo istintivamente portati a voler ricambiare il favore ottenuto con un dono che riteniamo adeguato. Quale migliore occasione per vedere in azione questo meccanismo se non durante il Natale? Abbiamo voluto osservare come agisce il nostro non conscio nel periodo natalizio, ossia come istintivamente viviamo le Festività e come ciò influenzi il nostro comportamento, dando la parola a Barbara Monteleone, strategic planner di Ottosunove nonché speaker di CERTAMENTE – Inspiring neuromarketing day.

Il Natale… nel non conscio

Il dono è una categoria che ha avuto particolare fortuna in antropologia e nelle scienze sociali. Si potrebbe dire che, in sintesi, il fondamento del dono è quello di costruire relazioni sociali attraverso tre principi di obbligatorietà: dare, ricevere, ricambiare.

Il Natale odierno rappresenta un evento in cui il dono, quindi la volontà di costruire legami sociali duraturi tra persone, è in primo piano. 

I genitori sentono l’obbligo di donare ai propri figli ma, sapendo che il regalo si fonda sull’obbligo del ricambiare, utilizzano Babbo Natale come intermediario, uno sconosciuto che libera i bambini dal sentirsi in debito con i propri genitori. Babbo Natale ha anche un’altra funzione, quella di insegnare qualcosa sulla gratuità del dare, educando i piccoli all’importanza della trasmissione dei beni.

I sensi e il Natale

Nel contesto natalizio, l’uso di stimoli sensoriali che in maniera inconsapevole riescono ad aumentare l’attivazione emotiva è alla base delle principali strategie di marketing. Basti pensare alla forza emozionale della musica natalizia, alla suggestione di luci e colori che rendono “gradevoli” ambienti e spazi urbani oltre che le nostre stesse case.

La presenza di musica, luci, profumi capaci di promuovere una visione positiva della vita e di migliorare l’umore dei consumatori ha certamente un effetto sui comportamenti di consumo. Persone felici tendono ad essere più predisposte all’acquisto, a maggior ragione nel periodo natalizio.

Gli esseri umani, lungi dall’essere esclusivamente razionali, si lasciano guidare dalle dinamiche affettive nei processi decisionali, razionalizzando e giustificando a posteriori con la ragione ciò che è stato in realtà scelto e preferito con l’emozione in maniera non conscia.

Insomma il, fatto che non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensanocome scrisse Antonio Damasio, è particolarmente evidente in un momento rituale profondamente sentito e condiviso come il Natale.

Priming e framing durante le Feste

In questo periodo caratterizzato da così forti valenze simboliche, sociali, affettive e di comunità, sono ancora più efficaci i principi che derivano dalle ricerche neuroscientifiche o dall’economia comportamentale. Il priming ad esempio, ovvero quel processo di associazioni mentali per lo più non consce che vengono attivate in maniera immediata e connotano nella nostra mente  concetti o prodotti. L’uso di stimoli di innesco – appunto definiti prime – come il colore rosso attiva o facilita comportamenti o scelte. Un esempio di questo genere sono gli spot natalizi di Coca Cola, dove il rosso e il bianco del brand vengono immediatamente associati all’immagine iconica di Babbo Natale.

Dato che fin da piccoli tutti noi viviamo il Natale come un periodo di bontà, calore, affetto e unione familiare, tutto ciò che rimanda a questa festività viene associato a ricordi connotati positivamente, tanto che dalle canzoni natalizie alle fragranze con cui si ravvivano gli store, è inevitabile che si attivino e si rafforzano ogni anno un set di associazioni mentali positive che influenzano il nostro comportamento, anche come consumatori. Più sono profonde le associazioni e radicate nelle aree più istintive del nostro cervello, più questo meccanismo sarà forte.

Lo stesso vale per il framing ovvero l’efficacia della strategia del “modo di presentare” le offerte. Questo meccanismo collega e indirizza la valutazione degli eventi o oggetti secondo il contesto informativo o espositivo, che fanno appunto da “cornice”.