Una realtà accettata anche dai più scettici, ormai: quando prendiamo delle scelte, la maggior parte delle volte lo facciamo affidandoci molto più ai nostri istinti, alle nostre sensazioni che alla nostra razionalità. Meno male, potremmo dire, poiché se fossimo esseri totalmente razionali, probabilmente sceglieremmo sempre la dieta giusta per la nostra salute, non fumeremmo o consumeremmo alcolici, valuteremmo ogni pro e contro di un’eventuale offerta di lavoro, scegliendo infine quella, sulla carta, meno rischiosa per noi, quella ineccepibile. Insomma, ci innamoreremmo solo dopo aver attentamente valutato ogni pro e ogni singolo contro. Ora, tutti sappiamo come ciò accada molto, molto raramente. Siamo facilmente influenzabili, cediamo altrettanto semplicemente alle tentazioni e a volte, si sa, al cuor non si comanda: non è possibile scegliere sempre e solo l’opzione migliore.
Questo perché nei processi decisionali di ognuno di noi non è solo la nostra parte più riflessiva e intellettuale a intervenire, anzi. Essendo umani, la nostra natura ci porta a decidere prima di tutto con il cuore – di pancia se preferite – esponendoci quindi a possibili errori di valutazione.
È così che, per far sì che le persone prendano decisioni migliori – per il proprio benessere in primis, ma anche per la società in generale – alle volte serve loro avere un piccolo aiuto, una “spintarella”. Avete mai sentito la storia della mosca nei gabinetti del bagno dell’aeroporto di Amsterdam? Ecco, questo è l’esempio migliore per capire cosa sia il nudging, una delle teorie cardine delle scienze comportamentali a cui vogliamo dedicare una serie di articoli sul nostro blog, secondo cui un piccolo aiuto indiretto, tradotto a volte come “pungolo”, possa motivare le persone a scegliere nel modo migliore possibile e, così facendo, godere in prima persona della bontà della propria decisione.
Torniamo alla mosca: ci credereste che bastò inciderne una negli orinatori dell’aeroporto Schiphol di Amsterdam per far sì che le fuoriuscite di urina diminuissero dell’80%? Un crollo incredibile, che si è tradotto, nel tempo, in una minore necessità di interventi di pulizia dei bagni, e di conseguenza un significativo risparmio sui prodotti per la pulizia e detergenti dannosi. Un effetto domino che ha portato enormi benefici, all’aeroporto e ai suoi dipendenti in primis, ai passeggeri che dovevano utilizzare i bagni in seguito. Non è un caso che le mosche si trovino oggi anche in molti altri bagni pubblici in giro per il mondo.
Il nudge e gli architetti della scelta
Ma chi è, in concreto, che imposta questo tipo di pungoli? Le scienze comportamentali definiscono chiunque riesca a utilizzare strumenti adeguati per influenzare positivamente le decisioni delle persone come architetti della scelta, ossia coloro capaci di risolvere alcune problematiche che possono nascere, in chi deve prendere una decisione, durante il processo di scelta. Questo impone una buona conoscenza del comportamento delle persone e dei modi in cui un determinato stimolo può essere percepito da chi deve usufruirne.
Se, per esempio, su una porta con su scritto “Spingere” ci saranno maniglie che invitano chi deve aprirla a tirare, il cervello del povero malcapitato andrà in cortocircuito. Quante volte vi è capitato di restare bloccati per qualche secondo in una situazione simile? Questo accade perché siamo abituati ad agire seguendo un meccanismo chiamato “compatibilità stimolo-risposta”, per cui, com’è ovvio, a un determinato segnale la nostra parte istintiva reagisce con un’azione conciliabile con esso. Come suggeriscono il Premio Nobel Richard H. Thaler e Cass Sustein nel loro volume dedicato al nudge, pensate a un cartello stradale rosso dello stop con su scritto “Vai!”. Ecco, questo è un esempio di una incompatibilità tra stimolo e risposta a cui un architetto della scelta deve fare estrema attenzione mentre mette a punto un pungolo.
Ora, è molto più probabile che un individuo abbia bisogno di una spintarella da parte di un architetto della scelta per prendere decisioni complicate piuttosto che per decidere quale merendina comprare al supermercato. Questo perché il cervello rettiliano, in cui risiede la nostra capacità di assimilare un’azione e farla diventare abitudine, è chiaramente più portato a metabolizzare e imparare azioni semplici e non, proprio perché complesse, quelle più difficili e intricate: occorre più tempo e, se possibile, un aiutino per l’appunto, come fa l’elefante adulto con il cucciolo per fargli muovere i primi, incerti passi, prima che reggersi sulle zampe diventi un automatismo e non un meccanismo da apprendere. Il compito dell’architetto della scelta sta nel portare le persone a superare la naturale avversione verso la difficoltà e la novità: ne parleremo nel prossimo articolo dedicato alla teoria dei nudge.
Stay tuned!
P.s.: Per capire, in pratica, come funzionano i nudge, potrebbe interessarti leggere questo articolo.
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