È possibile che la nostra predisposizione a spendere sia influenzata dal formato di denaro che abbiamo a disposizione? Sembrerebbe proprio di sì, come spiega uno studio svolto dai ricercatori Jay Zenkić, Kobe Millet e Nicole Mead del Think Forward Initiative Research Hub, centro di ricerca comportamentale di Amsterdam specializzato nello studio delle scelte finanziarie delle persone.
La ricerca ha dimostrato come le monete, rispetto alle banconote, spingerebbero le persone a spendere, donare e anche scommettere con molta più facilità.
La resistenza del contante
Fondamentale è la premessa che sebbene i pagamenti digitali, complice anche la pandemia da COVID-19, siano in forte ascesa e l’uso del contante in fase calante, è necessario considerare che a livello globale l’uso di banconote e monete rappresenta una forma fondamentale di pagamento. In Europa, secondo quanto emerge dalla ricerca il 79% dei pagamenti quotidiani nel punto vendita avviene ancora per mezzo di contante, una scelta condivisa anche dai consumatori nord-americani. Ci sono poi particolari categorie sociali che dipendono fortemente dal contante, come quelle meno abbienti o le fasce di popolazione più anziane, per cui il digital payment non rappresenta un’opzione percorribile. Come sottolineato dal TFI, risulta ancora essenziale osservare il ruolo del denaro “fisico” nelle decisioni d’acquisto delle persone, per poter ideare soluzioni per incentivare un uso più virtuoso del denaro.
L’economia classica, prendendo in esame l’attitudine di spesa delle persone, raramente si è soffermata ad analizzare la tipologia di denaro di cui le persone dispongono: secondo i suoi principi i soldi, come tali, sarebbero spesi allo stesso modo a prescindere dal formato. Le scienze comportamentali però ci spiegano che non è proprio così: il nostro rapporto con contante o monete è, infatti, molto diverso.
Il “peso” delle monete
Il contante, rispetto ad altre forme di denaro, è quello definito dai ricercatori più “painful” da spendere: rappresenta concretamente, a livello tattile, il valore stesso del denaro. Pagare con banconote impone un atto fisico, quello di estrarre i soldi dal proprio portafogli, di contarli e porgerli alla cassa, separandosene definitivamente: un processo che emotivamente ha maggior peso rispetto al pagamento con carta di credito.
Si potrebbe dire che lo stesso discorso vale anche per le monete, ma così non è. La loro fisicità è, al contrario, percepita dalle persone come un vero e proprio fardello. Non a caso le banconote furono create per praticità e proprio in sostituzione delle monete, troppo pesanti per i mercanti che dovevano compiere lunghi viaggi. Sono infatti maneggevoli, leggere, facilmente trasportabili e poco ingombranti.
Motivo che convinto i ricercatori del TFI Research Hub a formulare un’ipotesi: se portarsi dietro molte monete risulta fastidioso, è possibile che le persone siano molto più propense a liberarsi di una stessa quantità di denaro se questa è espressa in monete? Il centro di ricerca ha quindi indetto uno studio, focalizzandosi sull’India come set dell’esperimento per dimostrare questa tesi. Una scelta non casuale: oltre ad essere uno dei Paesi a livello mondiale che più dipende dall’uso di contante, la sua moneta locale, la rupia, è una valuta con un’ampia sovrapposizione tra contanti e monete dello stesso identico valore.
Fornendo ai partecipanti della ricerca 10 rupie in banconote o in monete — persone tendenzialmente poco abbienti, per cui la somma fornita rappresenta il 25% del reddito giornaliero — è stato possibile osservare l’impatto della forma fisica di denaro sull’inclinazione alla spesa delle persone.
Lo studio, in breve
Di fronte a un piccolo negozio, i ricercatori hanno intercettato alcuni possibili consumatori offrendo loro 100 rupie per partecipare a un breve questionario. Le persone sono state quindi premiate con la somma promessa, espressa sia in banconote sia in monete da 10 rupie: la spartizione dei due formati di denaro è avvenuta casualmente, cosicché vi fossero alcuni partecipanti gravati da più monete rispetto ad altri.
I consumatori coinvolti nello studio, come emerso dall’incasso del negozio, spesero molto più velocemente e più volentieri le proprie monete rispetto alle banconote: questo ha portato inoltre i partecipanti premiati con più monete a spendere somme relativamente maggiori rispetto a chi disponeva di più contante (con un rapporto di 153 rupie a 112).
Dopo aver dimostrato in questo primo esperimento che le persone tendono a liberarsi con più facilità dalle monete, i ricercatori hanno voluto capire se una simile predisposizione fosse diffusa anche nel resto del mondo.
Sono stati effettuati alcuni follow-up anche online con partecipanti da America ed Europa, a cui è stato domandato quanto fossero disposti a donare a un mendicante se in possesso di una cifra corrispondente a circa 10 euro, in banconota o in monete. A livello qualitativo le persone hanno manifestato fastidio e irritazione all’idea di disporre di una cifra di sole monete, così come una maggiore disponibilità a donarle (+26%) rispetto a chi aveva ricevuto una banconota da 10 euro.
Il digitale come incentivo a spendere meno?
I ricercatori di TFI hanno quindi deciso di vagliare alcune possibili soluzioni, così da incentivare le persone a spendere con maggiore consapevolezza. Sebbene il denaro digitale non rappresenti in sé un incentivo al risparmio, TFI ha ipotizzato che dare l’opportunità alle persone di ricevere piccole somme di denaro digitalmente, depositandole ad esempio sul proprio conto personale, possa spingerle a spendere meno. Il denaro non è immediatamente a disposizione e non ci si sente gravati da un fardello di cui ci si vuole liberare.
Si pensi ad esempio al resto che riceviamo per gli acquisti in store: potrebbe essere efficace fornirlo in modo smart, magari incentivando al contempo pagamenti digitali con app che, almeno nelle grandi città, hanno già preso piede anche in Italia.
Una soluzione più drastica, già percorsa da alcune nazioni, potrebbe essere invece quella di disincentivare l’uso e la circolazione delle monete: la Corea del Sud ha già imboccato questa strada, eliminandole gradualmente da qualche anno a questa parte. E infine, nei Paesi in cui le soluzioni digitali non possono ancora rappresentare una valida alternativa al denaro contante, un’educazione ad un uso virtuoso di piccole somme di denaro può comunque essere efficace nel promuovere il risparmio. Sapere siamo maggiormente portati a spendere impulsivamente denaro se espresso in monete può aiutarci a gestire meglio quello che abbiamo a disposizione.
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Comments by Gabriele Sebastiani