Eccoci ad un altro appuntamento per approfondire gli strumenti del neuromarketing. In questa occasione vogliamo concentrarci sulla Risonanza Magnetica, un tipo di tecnica che indaga l’anatomia o il funzionamento cerebrale, utilizzata in vari campi legati allo studio del cervello: dalla medicina, alla ricerca neuroscientifica e anche al neuromarketing.

Ma come può essere utile al neuromarketing?

La risonanza magnetica funzionale viene utilizzata per rilevare quali aree cerebrali si attivano durante l’esecuzione di un determinato task.

La risonanza magnetica consiste in una rilevazione dell’attività cerebrale per mezzo di uno scanner che, sfruttando le proprietà nucleari di certi atomi in presenza di campi magnetici, permette di localizzare l’attività cerebrale sfruttando le variazioni emodinamiche, ovvero le modifiche di apporto sanguigno alle diverse aree cerebrali, in base al tipo di attività che sta avvenendo in risposta a uno stimolo esterno o interno.

Dallo scanning cerebrale emergono tantissimi dati che, dopo avanzate analisi statistiche, danno forma alle immagini che restituiscono il grado di attivazione cerebrale. Durante una sessione di fMRI, infatti, si possono acquisire sia immagini funzionali quando il cervello è in una condizione di riposo (assenza di stimoli) che durante l’esecuzione di un compito sensoriale, motorio o cognitivo che viene ripetuto più volte, cosicché si possa fare una media statistica dei dati relativi all’attività cerebrale.

Risonanza magnetica funzionale e neuromarketing

Essendo una tecnologia molto ingombrante e costosa, la fMRI non è tra i tool di neuromarketing più spesso utilizzati, specie se a confronto con eye-tracker o EEG che invece possono tornare utili per test anche al di fuori di un laboratorio. Per questo motivo gli studi svolti con questa tecnologia fanno spesso ricorso all’appoggio di grandi centri di ricerca Universitari specializzati in neuromarketing. C’è da dire che, rispetto alle altre strumentazioni, la fMRI specie se combinata con l’elettroencefalografia, risulta l’unica tecnologia che permette di osservare, nel modo più preciso ad oggi possibile, il funzionamento delle aree cerebrali in risposta a determinati stimoli, ancora prima che avvenga l’elaborazione consapevole.

La fMRI in azione: Pepsi vs Coca-Cola

Tra i più famosi studi di neuromarketing svolti con fMRI ne troviamo però uno molto famoso che ha coinvolto due colossi del food and beverage, ossia Pepsi e Coca-Cola. In questo esperimento vennero creati due gruppi sperimentali, al primo gruppo venivano fatte assaggiare le due bevande senza manifestare quale delle due corrispondesse ad uno dei due marchi, il secondo gruppo invece era messo a conoscenza del brand della bevanda.

Dall’esperimento emerse che il gruppo a cui non era stato comunicato il marchio apprezzava nettamente di più la Pepsi, sia a livello consapevole che a livello cerebrale. L’area maggiormente attiva durante l’esperimento era infatti il putamen, area cerebrale correlata al reward e alla piacevolezza. Per quanto riguarda il gruppo a cui era stato esplicitato il marchio, invece, a livello di gradimento esplicito la preferenza ricadeva per Coca-Cola. Interessante però il fatto che a livello cerebrale si rilevava un’attivazione molto più marcata delle aree frontali, legate al controllo cognitivo. I ricercatori hanno osservato dai risultati come, nonostante il gusto preferito dalla maggior parte dei partecipanti a livello non conscio fosse quello della Pepsi, la considerazione consapevole di un brand come Coca-cola, che ha costruito un’identità apprezzata globalmente e più immediatamente riconoscibile, prevaleva razionalmente sull’effettivo gradimento del prodotto.

Questo dimostra l’efficacia delle tecniche prese in prestito dalle neuroscienze, come la fMRI, a servizio di discipline come il marketing e la comunicazione per rendere più efficace un determinato prodotto, un packaging, uno spot, o campagna pubblicitaria.

Attraverso la fMRI è stato possibile, ad esempio, dimostrare come l’inserimento all’interno di uno spot di scene in cui il prodotto viene toccato, frequentemente utilizzate nella pubblicità, sia effettivamente efficace, rispetto a scene in cui non c’è una diretta interazione con il prodotto. Dagli studi di fMRI è emerso, infatti, che questo tipo di scene provocano un’attivazione maggiore delle aree cerebrali relative al sistema dei neuroni specchio, che ci permetti di entrare in una risonanza emotiva con ciò che osserviamo, aumentando così l’intenzione d’acquisto.

Queste informazioni sono particolarmente importanti in un contesto in cui, aumentando gli acquisti online aumenta anche l’esigenza di “esperienza vicaria” del prodotto, ovvero vivere “sulla pelle degli altri” l’esperienza sensoriale vissuta da un’altra persona.

Fonti:

Liu, Y., Zang, X., Chen, L., Assumpcao, L., & Li, H. (2018). Vicariously touching products through observing others’ hand actions increases purchasing intention, and the effect of visual perspective in this process: An fMRI study. Human brain mapping39(1), 332-343.

I nostri precedenti articoli sugli strumenti del neuromarketing: