IL DIGITALE SI STA EVOLVENDO IN UNA DIREZIONE SEMPRE PIÙ IMMERSIVA: TRA METAVERSO, AR, VR E NUOVE MODALITÀ DI RAPPORTO TRA BRAND E CONSUMATORE.

Sicuramente avrete già sentito parlare di Metaverso, la realtà virtuale, progettata dal gruppo Facebook, che lo scorso ottobre ha cambiato nome in Meta in occasione del lancio di questo mondo digitale e parallelo. Incuriositi o turbati da questa nuovo “mondo parallelo”, ne sentiremo comunque parlare sempre più. E le aziende lo hanno compreso in fretta, vista la corsa alla creazione di spazi e oggetti di consumo appositamente ideati per questa nuova dimensione. Gucci, Dolce&Gabbana e alcuni marchi fast fashion come H&M sono solo alcuni dei brand che si stanno muovendo in questa direzione.

Nonostante alcuni eventi si siano già svolti a livello virtuale, dalla Metaverse Fashion Week 2022, per restare in tema moda, fino alla prima seduta di laurea avvenuta in Meta con una tesi discussa da uno studente italiano, c’è ancora molta strada da fare prima che questa dimensione si interfacci efficacemente con quella reale in quanto a completezza e, soprattutto, a densità di popolazione. Ma in un’intervista rilasciata lo scorso giugno a Cnbc, Mark Zuckerberg ha dichiarato di ambire a un miliardo di utenti nel Metaverso entro il prossimo decennio.

Foto di Uniboa su Unsplash

Le possibilità di immersione nel digitale

Nell’approcciarsi alle opzioni offerte dal digitale, date le diverse varianti disponibili di “tuffo” nei bit, è doveroso distinguere le varie possibilità di esperienza.
Secondo Mia Sorgi, Director of Digital Product & Experience di PepsiCo Europe, il termine “immersivo”, riferito alle brand experience, non farebbe riferimento soltanto a situazioni che prevedono l’uso del 3D, ma starebbe ad indicare tutte le esperienze coinvolgenti veicolate dal digitale. Così, anche un e-commerce può dirsi tale, se strutturato in modo da stimolare i sensi dell’utente in maniera più dinamica rispetto ad una pagina bidimensionale standard. 

Se pensiamo allo shopping online, ad esempio, possiamo notare come sia sempre più aperto a contaminazioni provenienti dal mondo dell’entertainment. Ecco quindi che emergono definizioni come shoppable media: esperienze di acquisto interattive e immersive che utilizzano soprattutto video in live streaming sui social. Ma anche altre forme di contenuto come immagini statiche o caroselli, che funzionano particolarmente bene per i fashion e beauty brand. Su Instagram, ad esempio, esiste già da tempo il tag per l’acquisto diretto del prodotto ritratto in foto, che è possibile concludere senza mai lasciare il social, per un’esperienza più immediata che evita quindi il passaggio sui motori di ricerca.

I motivi per i quali si punta sempre più a queste modalità di interazione sempre più dirette ed efficaci sono diversi. Dal rendere più semplice e coinvolgente per tutti il percorso di acquisto, fino alla fidelizzazione della GEN Z che, in quanto nativa digitale, si aspetta da ogni piattaforma visitata la possibilità di fare shopping in modo automatico.

Foto di John Schnobrich su Unsplash

Immersione nel digitale tridimensionale

Aumentando l’entità dell’immersione digitale è possibile implementare e rendere più coinvolgente la customer experience tramite il supporto dell’AR, l’augmented reality.

Si tratta dell’applicazione di stimoli sensoriali reali provenienti da un device digitale. Una modalità che molto ha a che fare con il gaming: qualcuno si ricorderà il caso Pokemon Go, gioco per smartphone che ha spopolato nel 2016, in cui era possibile inquadrare con la fotocamera una porzione di mondo reale alla quale veniva sovrapposta, sul proprio schermo, una delle creature digitali appartenenti all’universo narrativo del cartoon e videogame.

La più nota e potente modalità di immersione, e probabilmente anche quella di cui sentiremo parlare sempre più frequentemente nel prossimo futuro, è però la Virtual Reality. Le esperienze in VR richiedono l’utilizzo di un visore, come quello lanciato dalla stessa Meta, Quest 2, per traslare sé stessi, per ora solo con la mente, in una dimensione altra passando attraverso stimoli visivi e uditivi.
Gli stessi consumatori, secondo una Warc best practice pubblicata a marzo 2021, sono sempre più propensi a modalità di acquisto non tradizionali, che garantiscano opportunità di entertainment associno dimensione fisica e digitale.

Immersione, nella pratica

Tra gli esempi pratici che vale la pena citare vi è quello realizzato da Pringles, marchio del gruppo Kellogg’s famoso per le sue chips. Puntando sempre più sugli aspetti di gamification per massimizzare l’engagement del proprio target, ha creato una campagna, pianificata in UK e Danimarca, con protagonista un mini-gioco sviluppato insieme a Xbox e accompagnato da un contenuto in AR.

A spingersi ancora oltre è stata la nota azienda automobilistica Audi. È di marzo 2022 l’annuncio di un’inedita connessione tra le proprie auto e la VR, opzione che da giugno, in alcuni paesi nel mondo, è già disponibile di serie su alcuni modelli. I passeggeri sui sedili posteriori possono trascorrere il tempo del tragitto indossando un visore sincronizzato con i movimenti della macchina, in modo da rendere l’esperienza del viaggio estremamente realistica e, naturalmente, immersiva anche per chi non è alla guida. Ma non solo.

È allo studio una modalità di guida automatica, che converta l’auto in una second living room, per  permettere di utilizzare il tempo altrimenti impiegato ogni giorno alla guida a quelle attività a cui ognuno di noi si dedica nella tranquillità della propria casa, tra cui anche fare acquisti. Sarà per questo che Audi e Holoride, provider del visore VR, hanno lanciato Ride, la propria criptovaluta dedicata?

Foto di Samuele Errico Piccarini su Unsplash

Cosa ne pensiamo in Ottosunove

Tecnologia e digitale, dunque, evolvono e si intersecano, creando modalità di interazione innovative e al limite della fantascienza. Basti pensare che il termine Metaverso è stato coniato per la prima volta nel romanzo sci-fi Snow Crash del 1992. Ma l’obiettivo è sempre lo stesso: costruire una relazione intensa e duratura tra marca e consumatore. Una connessione che spesso prevede un primo approccio digitale, ma che per consolidarsi necessita del contatto human-to-human. Ecco perché le soluzioni phigital, ibride, si rivelano estremamente efficaci.

Abbiamo chiesto a Germano Stranieri, Project Manager di Ottosunove, di darci la sua opinione rispetto a questo tipo di approccio.

Quali secondo te potrebbero essere i vantaggi nell’integrare aspetti digitali in un ambito che prevede forte connessione human-to-human come quello farmaceutico?

La pandemia di COVID ha inciso molto sulle abitudini di tutti, in particolare sulle relazioni e le modalità con cui queste avvengono.

Il lockdown, prima, e il distanziamento sociale, poi, hanno contribuito ad accelerare la trasformazione digitale già in atto. Basti pensare al boom delle piattaforme/app di food delivery, streaming ed e-commerce, finendo per coinvolgere categorie merceologiche (farmacie, supermercati, automotive) e fasce di popolazione più resistenti al cambiamento e che, fino a quel momento, presidiavano poco l’universo digitale.

Il vantaggio, sia per il consumatore che per l’azienda, è quello di avere una fruizione del servizio molto più “comoda”. Potersi collegare dal proprio dispositivo mobile in qualunque momento ovunque ci si trovi rende tutto più semplice e immediato.

La vera sfida sta nel riuscire a trovare il giusto equilibrio tra l’esperienza digitale e quella fisica e, quanto più possibile, trasporre sull’online le caratteristiche tipiche della relazione “off-line”. Il supporto di un professionista rimane fondamentale per aiutare il consumatore a orientarsi e scegliere il prodotto più adatto alle proprie esigenze. 

In quali occasioni il supporto del digitale può rivelarsi particolarmente utile ed efficace?

Penso a tutte quelle situazioni che precedono la fase di acquisto (in particolare di un prodotto costoso).

Quante volte ci chiediamo se stiamo per fare la scelta giusta; se quel televisore ha davvero una buona risoluzione o se per quel prezzo non potrei comprarne uno migliore.

In questi casi avere a disposizione un servizio di consulenza digitale può rappresentare uno strumento prezioso per consolidare il rapporto tra consumatore e marchio.

Allo stesso tempo, in un’ottica di fidelizzazione, anche i servizi post-vendita possono contribuire a migliorare l’esperienza del consumatore e migliorare la sua percezione del brand. Pensiamo ad esempio all’efficacia di un servizio di consulenza personalizzata, anche digitale, con un nutrizionista che illustra i vantaggi del prodotto acquistato.        

Vedi anche: Social gaming: il boom nell’ultimo anno e le opportunità per i brand