Esponenziale: può esserlo un’idea di crescita, ma anche una rivoluzione tecnologica che cambia il volto di una società. Esponenziale può essere la creatività dietro un’invenzione e, perché no, può diventarlo anche la reputazione di un brand che decide di spostare il proprio focus sulle persone che lo tengono in vita, clienti e/o collaboratori, non solo sul profitto. “Esponenziale” è stato anche il tema dell’edizione milanese di WOBI – World Business Forum a cui Ottosunove, il 30 e 31 ottobre scorsi, ha partecipato per trarre ispirazione da alcune delle voci più autorevoli e illuminanti del panorama business a livello mondiale.
Qui, sul nostro blog, abbiamo deciso di condividere e analizzare alcuni tra gli spunti più interessanti di questi due intensi giorni della quindicesima edizione italiana del forum, iniziando da quanto ascoltato durante la prima giornata, martedì 30.
Ian Williamson
Quello di Ian Williamson, Vice-Chancellor della Victoria Business School di Wellington in Nuova Zelanda, è stato il primo, coinvolgente intervento dell’edizione 2018 di WOBI: il docente americano ha traslato il tema cardine dell’esponenzialità in un arco temporale di medio termine, invitando la platea a domandarsi quale futuro riuscisse a immagine per il proprio business da oggi a venticinque anni. Secondo Williamson, infatti, in un mondo in cui la crescita – tecnologica, economica, sociale – viaggia a una velocità inedita, la chiave per sopravvivere, resistere e affermarsi è quella della rilevanza: solo salvaguardando questo aspetto, infatti, una azienda/organizzazione può garantirsi un futuro.
Non un compito facile, poiché per quanto sia immediato intuire quanto un’innovazione sia progressista nel presente, non altrettanto lo è immaginare quali implicazioni potrà avere in un tempo più dilatato. Williamson definisce disruption questo carattere delle novità di mettere in discussione il mondo come lo conosciamo: se da un lato il progresso può creare nuove opportunità, allo stesso tempo può schiudere diverse minacce.
Ma come fare per superare questo problema? La chiave, secondo il docente della Victoria Business School, è una leadership lungimirante, illuminata e consapevole. È proprio grazie a un leader in grado di cogliere i cambiamenti e di ribaltare le avversità a proprio favore che un’organizzazione scopre le potenzialità per ottenere un successo duraturo. Williamson porta come esempio la disruption che ha investito aziende storiche come Blockbuster che, pur riconoscendo un nuovo modello di business in ascesa come quello dello streaming e del dvd, non è riuscita a evitare che i progressi nel settore le cancellassero dalla nostra vita perché portatrici di un messaggio obsoleto. Al contrario, a cavalcare l’onda della nuova fruizione video è stata Netflix, che ha recepito la volontà dei consumatori di poter godere qualsiasi contenuto dal divano di casa propria. Si tratta di framing, specifica Williamson, perché è solo grazie al modo in cui i leader riescono a inquadrare un problema che essi stessi creano le basi per una sopravvivenza a lungo termine, sfruttando l’innovazione tecnologica come opportunità di crescita esponenziale.
Kelly Peters
“Tutti hanno le potenzialità per esercitare il pensiero scientifico”: parte da questo incipit l’intervento di Kelly Peters, CEO e Co Founder di BEworks, nonché behavioural scientist, a WOBI. Secondo la Peters, ogni leader e marketer dovrebbe rifarsi al metodo scientifico per testare la bontà di ogni scelta e possibile strategia: l’osservazione empirica e la comprensione delle cause alla radice di ogni problema sono gli ingredienti necessari per proporre soluzioni efficaci, indipendentemente dall’ambito in cui ci si trova ad agire.
Per chi deve prendere decisioni, sottolinea la scienziata, è altrettanto importante affidarsi ai migliori strumenti e alla conoscenza più approfondita per “temperare il nostro pensiero”, ossia per renderlo sempre più acuto e recettivo alle novità. Una buona partenza per garantirsi tutto ciò, è avvicinarsi e approfondire le behavioural science, poiché sono proprio i comportamenti di ognuno di noi a svelare in che direzione è consigliabile andare quando si sta progettando una campagna, un prodotto, un’idea di business. Le persone, suggerisce Peters, compiono scelte in base alla loro disponibilità di tempo, ma anche in base alle energie mentali e fisiche di cui sono provvisti e avendo a disposizione un “limited willpower” su ogni decisione che può prendere, per i motivi più disparati. Oltre a tutto ciò, la Peters sottolinea che una componente fondamentale alla base di ogni comportamento è l’abitudine, secondo cui ognuno di noi costruisce pattern che spesso segue senza nemmeno rendersene conto e che per la maggior parte delle volte hanno un’origine non razionale e prevedibile. Le behavioural science, in questo senso, consentono di capire quali siano questi percorsi euristici e di agevolare le persone a propendere per una scelta invece che per un’altra, magari a proprio favore: Kelly Peters porta come esempio un caso già molto noto a riguardo.
Nei Paesi in cui ai cittadini viene richiesto di diventare donatori di organi barrando una casella, le adesioni sono molto basse, specie se in confronto a quelle registrate nei Paesi in cui si chiede, al contrario, se non si vuole diventare donatori di organi. La negazione, infatti, pone un accento totalmente diverso alla domanda, spingendo gli eventuali donatori a restare tali.
Malcolm Gladwell
Quanto tempo serve a un’invenzione per essere riconosciuta come utile dalla società? Tanto, almeno secondo Malcolm Gladwell, giornalista e autore di bestseller di fama mondiale, che proprio sulla difficoltà che le innovazioni devono affrontare prima di affermarsi centra il suo importante intervento a WOBI.
La società si dimostra spesso molto lenta a recepire e comprendere il potenziale innovativo di una singola idea: allora capita che un’invenzione si affermi definitivamente, rivoluzionando il mercato, a più di sessant’anni dalla sua nascita: è il caso dei container, grazie a cui l’imprenditore Malcolm McLean ha dato una svolta al commercio su scala mondiale, riducendo al minimo i tempi e i costi di spedizione, prima molto onerosi.
A spiegare perché ciò accada è l’ipotesi secondo cui, al momento della sua insorgenza, la società non è mai davvero pronta ad accogliere appieno una nuova invenzione. Lo chiama mismatch generazionale, Gladwell, poiché ogni processo innovativo deve combaciare con i bisogni e le idee di una determinata tipologia di persone. Ad esempio: come mai le chat, internet e Facebook sono nati proprio adesso? Perché la generazione dei millennial è abituata a pensare per network, per reti di conoscenze e di contatto. O ancora: come mai l’idea di creare Uber, così radicato e ormai imprescindibile in molte città occidentali, non è venuta fuori prima? Gladwell è molto chiaro a riguardo: quanti, venticinque anni fa, sarebbero saliti su un’auto guidata da un totale sconosciuto, specie in una metropoli?
Ogni invenzione, quindi, riesce a emergere anche in base al suo posizionamento strategico all’interno della società: Gladwell sottolinea, infatti, come sia essenziale ricordarsi che un’innovazione tecnologica non deve fare i conti soltanto con costi, disponibilità e produzioni, ma anche interfacciarsi con le persone che poi dovranno usarla. Se sarà capace di rispondere a un bisogno preciso, allora è molto probabile che verrà inglobata e percepita presto come indispensabile.
Daniel Lamarre
Pensare fuori dall’ordinario per creare qualcosa di unico e che ancora non esiste: ha emozionato la platea con la sua esperienza di vita Daniel Lamarre, CEO di Cirque du Soleil, tanto da guadagnarsi una standing ovation. Dal palco del WOBI, il franco-canadese ha voluto dimostrare come – seppur seguendo idee bizzarre – la creatività e l’innovazione siano il segreto per rendere il proprio business il migliore nel settore di competenza: esattamente come ha fatto lui, partendo dal circo e creando un tipo di show di intrattenimento che nessuno prima aveva mai nemmeno immaginato.
Lamarre, nel corso del suo intervento, ha sottolineato con forza la necessità da parte di ogni leader di dare spazio alle idee e alle capacità dei propri dipendenti: è importante, per far ciò, circondarsi delle migliori figure professionali nel proprio ambito. Per ottimizzare le selezioni, Lamarre suggerisce di trasformare i colloqui di lavoro in veri e propri casting: con questo particolare punto di vista, ogni colloquio assumerà una nuova pregnanza e importanza.
Il perché è semplice, come spiega Lamarre: “Find people who will take your business to the next level”.
Comments by Gabriele Sebastiani