Proprio come accade all’inizio di ogni nuovo anno, anche il periodo immediatamente successivo alle vacanze estive è spesso caratterizzato da una forte propensione al cambiamento: per molti, ancor più di gennaio, è settembre il mese in cui ripartire col piede giusto stilando liste di buoni propositi, per riprendere sì la vita di tutti i giorni, lasciandosi però alle spalle abitudini e comportamenti che non portano beneficio, favorendone di nuovi e migliori.
Ma come già raccontato in un precedente articolo del nostro blog, cambiare o apprendere nuove abitudini è per noi tutt’altro che un processo facile.
I motivi per cui è difficile tenere fede ai buoni propositi
Nonostante la volontà di cambiare, molto spesso non riusciamo a tenere fede ai nostri obiettivi perché:
- Pecchiamo di scarso autocontrollo e poca forza di volontà nelmantenere impegni a lungo termine;
- Difficilmente siamo in grado di programmare accuratamente il futuro;
- Più che su un processo di crescita emotivamente appagante, troppo spesso ci focalizziamo sulla correzione di abitudini negative di cui vogliamo sbarazzarci il prima possibile;
- Inoltre, di solito preferiamo ottenere gratificazioni immediate rispetto a benefici a lungo termine di cui non possiamo godere subito;
- Infine, perché molto spesso gli obiettivi che ci prefissiamo sono generici e vaghi, senza un vero e proprio traguardo da raggiungere.
Obiettivi versus Desideri
L’ultimo punto dell’elenco è forse il discrimine più importante per stabilire quando un proposito di cambiamento ha possibilità di riuscita. Il nostro non conscio necessita infatti di coordinate precise per motivarci ad agire nella sua direzione. Prefissarsi di apportare un cambiamento nella propria vita senza stabilire come, quando e perché rende qualsiasi obiettivo astratto e quindi difficile da inquadrare.
Un esempio pratico: mettersi d’impegno per “perdere 10 chili entro dicembre” ha sicuramente una presa maggiore su di noi rispetto al più generico “voglio perdere peso quest’autunno”, che rappresenta più un desiderio che un obiettivo concreto e presta il fianco a diversi bias cognitivi che, molto spesso, ci impediscono di prendere decisioni e agire nel nostro miglior interesse.
Combattere lo sconto iperbolico
Lo sconto iperbolico è un bias cognitivo che inquadra la tendenza umana a prediligere ricompense immediate rispetto a premi futuri, anche quando le ricompense immediate sono drasticamente meno valevoli in termini di benefici e reward. Lo sconto iperbolico spesso ci porta verso un processo decisionale scadente, perché incentiva l’impulsività e la gratificazione immediata, invece che il raggiungimento di obiettivi sicuramente più difficili ma anche più appaganti: un meccanismo controproducente che un proposito vago non fa che amplificare.
Riprendendo l’esempio di poco fa, se dopo un mese di alimentazione sana ed esercizio noteremo di aver perso “solo” tre chili, senza un traguardo concreto da raggiungere sarà difficile attribuire il valore ai nostri sforzi e ai progressi fatti: è possibile che questo ci spinga a gettare la spugna e mangiare in modo meno sano, diminuendo l’attività sportiva, perché pensiamo di non riuscire a raggiungere risultati più soddisfacenti. Tanto vale avere una ricompensa immediata che sforzarsi per ottenere qualcosa di cui nemmeno noi siamo certi.
Diverso il discorso, invece, se sappiamo che il nostro obiettivo finale è di perdere 10 chili: avendone già persi tre sappiamo di essere sulla buona strada verso un cambiamento rilevante e questo non solo ci rende orgogliosi, ma ci motiva a continuare il processo di cambiamento in cui siamo impegnati.
Il priming può aiutarci a tenere impegni a lungo termine
Inoltre, è noto che non ci piace e non siamo bravi ad aspettare qualcosa che desideriamo davvero: la nostra percezione del tempo è d’altronde non lineare, alterata dalle nostre emozioni, dalle circostanze esterne e dalle aspettative future. Fissare un limite temporale ben preciso ci mette subito nella condizione mentale di avere riferimenti temporali certi che ci aiutano a tenere a bada la “smania” di avere tutto subito.
La ricerca sembra suggerire che il priming – meccanismo mentale per cui l’esposizione a un primo stimolo influenza la nostra reazione ad un secondo conseguente – ci possa aiutare a focalizzarci meglio e con più successo sugli obiettivi a lungo termine.
In uno studio del 2016 Christine Sheffer, Direttrice del Bio-Behavioural Health & Recovery Lab del Roswell Park Comprehensive Cancer Center di Buffalo, nello stato di New York, ha scoperto insieme ad altri ricercatori che esporre pazienti a termini come “futuro”, “lungo termine” e “autocontrollo” in relazione alle proprie terapie li ha resi più propensi a pensare al proprio sé stesso futuro e ad agire virtuosamente di conseguenza.
Fissare obiettivi gradualmente più distanti nel tempo, in un processo di crescita e cambiamento costante, può aiutare le persone a impegnarsi concretamente e in modo continuativo e dare priorità al sé stesso futuro.
L’importanza di riconoscere e attribuire a sé stessi eventuali fallimenti
Un altro bias in cui si può incorrere e che mina la buona riuscita di un processo di cambiamento è il pregiudizio egoistico, ossia la tendenza ad attribuire eventi positivi, fortune e successi alle nostre azioni e alle nostre capacità, mentre eventi negativi e insuccessi a fattori esterni che non dipendono da noi.
Questa tendenza apparentemente innocua può invece avere ripercussioni significative sulla nostra vita e sulle reazioni che abbiamo di fronte a fallimenti, ostacoli o imprevisti: identificarla e limitare i comportamenti ad essa correlati rende più facile concentrarsi su un obiettivo a cui teniamo davvero, oltre ad essere essenziale per cambiare il modo in cui valutiamo ed impariamo dai nostri errori.
Sapere che incorriamo in questo bias, soprattutto in momenti in cui stiamo agendo per cambiare le nostre abitudini senza la certezza di avere successo, può influenzare positivamente sul nostro processo decisionale. D’altronde se non attribuiamo a noi stessi i nostri fallimenti ed eventuali nostri errori, è meno probabile che impareremo dagli stessi evitandoli o aggirandoli per raggiungere un obiettivo.
Piccole abitudini per grandi cambiamenti
Come precedentemente spiegato sul blog, è grazie alla ripetizione che un comportamento si trasforma in abitudine. Per questo motivo, per cambiamenti persistenti e duraturi, è utile adottare nuove e benefiche routine, cosicché il nostro cervello sia portato ad agire con una sorta di pilota automatico in risposta ad un determinato input. Questo meccanismo avviene grazie alle euristiche, scorciatoie mentali che permettono al nostro cervello di prendere decisioni in modo rapido, senza dispendio di preziose energie mentali.
Ripetere piccole ma benefiche azioni aiuta sicuramente il nostro cervello a assimilarle e viverle giorno dopo giorno come una vera e propria routine. Proprio su questo assunto, sull’implementazione di piccole abitudini virtuose, si basa il metodo di Bj Fogg, scienziato sociale americano attualmente ricercatore presso la Stanford University e fondatore del Behaviour Design Lab dell’Università californiana.
Il metodo Tiny Habits: il cambiamento si affronta a piccoli passi
Secondo il suo metodo Tiny Habits, per riuscire a cambiare in modo duraturo ed efficace è necessario approcciarsi al cambiamento in tre piccoli passi:
- iniziare a cambiare le piccole cose: cambiando dettagli e modificando piccole azioni nella propria vita, si prepara infatti il terreno a rivoluzioni più profonde;
- Individuare il proprio personale stimolo all’azione, scegliendo quali sono gli obiettivi capaci di motivarci a cambiare abitudini, stili di vita o attitudini ad essa;
- Festeggiare ogni successo: ponendosi piccoli e quantificabili step, si è in grado di avere traguardi intermedi raggiungibili e che ci rendono più spesso orgogliosi dei progressi fatti. Questo è un buon metodo per spronare il cervello ad alzare l’asticella di volta in volta, ambendo a raggiungere obiettivi sempre ragionevoli ma più importanti.
Comments by Gabriele Sebastiani