Smettere di fumare, mangiare in modo più sano, ridurre l’uso dello smartphone nel tempo libero: chi di noi, all’avvicinarsi della notte di Capodanno, non promette a sé stesso di raggiungere obiettivi virtuosi nell’anno nuovo?
È una tradizione che risale alla notte dei tempi.
Furono i Babilonesi, addirittura 4000 anni fa, tra i primi a celebrare l’inizio di un nuovo anno stilando una lista di buoni propositi ante litteram.
Com’è noto, però, tener fede a queste promesse è davvero complicato.
Stando a quanto emerso da una ricerca dell’University College di Londra, sono necessari in media 66 giorni, più di due mesi, perché un comportamento diventi automatico, quindi un’abitudine.
Ma come mai è così difficile “voltare pagina”?
I motivi per cui i nostri obiettivi si arenano facilmente con il procedere dei giorni sono molteplici.
- Pecchiamo spesso di scarso autocontrollo e poca forza di volontà, specie quando si tratta di mantenere impegni a lungo termine;
- Abbiamo difficoltà nel programmare accuratamente il futuro, stabilendo una “tabella di marcia” da seguire per raggiungere gli obiettivi prefissati;
- Spesso le motivazioni che ci spingono al cambiamento sono “emotivamente sbagliate” perché pongono enfasi sulla correzione di abitudini negative piuttosto che promuovere comportamenti più virtuosi che inducono stati emotivi positivi, come un percorso di crescita che può generare orgoglio e autostima.
- Perché le liste di propositi tendono ad essere molto vaghe e imprecise, rendendo il traguardo fumoso e poco stimolante. Ad esempio, “Leggere più libri nel 2021” non rappresenta un obiettivo tangibile, al contrario di “nel 2021 leggerò almeno 15 libri”, che stabilisce un obiettivo concreto da portare a termine.
Esiste un modo per tenere fede ai propositi che ci siamo prefissati?
Certo.
Se si vogliono ottenere risultati, la chiave sta nel creare un’abitudine.
Come?
Le neuroscienze ci insegnano che il nostro cervello è dotato di neuroni specializzati nella formazione di comportamenti ripetuti: i gangli della base. Sono loro a dare il via a quel meccanismo che rende automatica la risposta ad uno stimolo, oltre che essere deputati al riconoscimento di emozioni, ricordi e pattern comportamentali.
Come spiega Charles Duhigg, giornalista americano autore del volume The Power of Habit, le abitudini si formano seguendo un vero e proprio “loop”, un processo psicologico ricorrente che consiste in tre precisi step:
- Lo spunto, l’input, ovvero lo stimolo esterno che motiva una persona ad agire in un determinato modo;
- La routine, che ha a che fare con il comportamento vero e proprio che si tiene usualmente in risposta allo stimolo;
- La ricompensa: la soddisfazione che si prova nel seguire il comportamento abituale, ciò che motiva il cervello a creare l’abitudine.
Come già spiegato sul blog in questo articolo, è tramite la ripetizione che un comportamento diventa abitudine.
Il nostro cervello, una volta raggiunto questo risultato, agirà come una sorta di pilota automatico in risposta all’input, adottando scorciatoie mentali (euristiche) che consentono di prendere decisioni in modo rapido, senza dispendio di preziose energie mentali.
È grazie alle scorciatoie mentali che la mattina, ancora assonnati, prepariamo il caffè per la colazione, o seguiamo un percorso prestabilito per andare al lavoro, compiendo un’azione dopo l’altra in modo automatico.
Come si possono tramutare comportamenti virtuosi in abitudini?
Sempre secondo Duhigg è possibile convertire il loop dell’abitudine per favorire un comportamento diverso da quello usuale, se si desira migliorarlo.
L’attenzione va posta sul secondo step del loop, quello della routine, perché è proprio in questa fase che un comportamento mette le radici e si trasforma, attraverso la ripetizione, in un’abitudine.
Quindi, per favorire migliori abitudini è necessario instaurare nuove routine, non per forza cercare nuovi stimoli.
Perché?
Perché le routine rappresentano un punto fermo dell’esperienza personale di ognuno di noi, proponendosi come rituali capaci di dare struttura alla nostra vita, e di rassicurarci in periodi di grande incertezza.
Una volta instaurato un comportamento ripetuto nel tempo, è difficile che riusciremo a farne a meno senza sforzo perché ormai fa parte di noi, della nostra quotidianità.
Un esempio
È molto facile, non appena si ha un ritaglio di tempo libero, perdersi nei feed dei social media.
Se come obiettivo per l’anno nuovo abbiamo quello di essere più produttivi, riducendo l’utilizzo dello smartphone, non appena avremo del tempo libero (lo spunto, il primo step dell’habit loop) dovremo instaurare nuove e più virtuose abitudini rispetto al rapido check delle notifiche del telefono.
Che sia curare le piante di casa, cucinare o fare stretching, l’importante è intervenire per spezzare un pattern comportamentale che non ci porta benefici.
Per rendere ancora più efficaci i propri buoni propositi, inoltre, è bene assicurarsi che:
- L’obiettivo prefissato sia specifico: “Camminare dieci chilometri al giorno” sarà più motivante di un vago “Dovrò fare più movimento”;
- L’obiettivo sia realistico e raggiungibile;
- L’obiettivo abbia un timing specifico: definire quando e con che frequenza ci si dovrà impegnare per raggiungerlo è importante per spingerci all’azione. Meglio ancora se stabiliamo una deadline entro cui ottenere ciò che vogliamo;
- L’obiettivo non sia insormontabile: meglio cominciare con un cambiamento minimo per poi inserirne di nuovi, piuttosto che porsi un target troppo ambizioso e che rivoluzioni il nostro stile di vita.
Fonti:
The secret behind turning your New Year’s resolutions into life changing habits…
Comments by Gabriele Sebastiani