Già nel XVII secolo Baruch Spinoza anticipava una delle più importanti scoperte delle neuroscienze: il ruolo delle emozioni nel garantire la nostra sopravvivenza e nel sostenere il nostro pensiero. Dissentendo dalla duplice teoria cartesiana del corpo-macchina e della mente come realtà immateriale — ed esclusivamente pensante —il filosofo olandese sosteneva invece che le emozioni non sono “nemiche della ragione”, ma possiedono il ruolo di complice indispensabile.
Quando nel 1994 il neuroscienziato portoghese Antonio Damasio presentò le sue scoperte in “L’errore di Cartesio”, best-seller internazionale tradotto in 24 lingue, il libro fu stato accolto come una svolta. La scienza stava dalla parte di Spinoza, il quale aveva correttamente intuito il ruolo e il meccanismo di base delle emozioni. Le neuroscienze hanno infatti confermato che non è la razionalità il driver principale del comportamento umano.
Secondo le evidenze attuali, il cervello si è evoluto attraverso un processo di stratificazioni — teoria che ha un analogo con l’architettura sussuntiva dell’intelligenza artificiale — e al suo nucleo primitivo, il cosiddetto cervello proto-rettiliano deputato alla sopravvivenza, si è successivamente aggiunto il sistema limbico, che elabora le emozioni ed esprime la nostra capacità di adattamento all’ecosistema attraverso l’integrazione delle percezioni sensoriali. Insieme costituiscono quello che Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia nel 2005, definisce System 1, un sistema automatico ed estremamente veloce. Solo dopo si è sviluppata la neo corteccia, responsabile del nostro pensiero razionale, definita System 2.
Comprendere questa struttura, e ancor di più i suoi meccanismi, è fondamentale per coinvolgere i consumatori e potenziare i valori dei brand. Del resto sono diverse le case history di business che hanno provato l’efficacia delle emozioni nel miglioramento delle metriche di branding e fedeltà alla marca, con conseguenti aumenti nelle vendite.
Il marketing emozionale fonda le sue basi su queste evidenze scientifiche e secondo l’esperto statunitense Graeme Newell, mira a “connettere emozionalmente i brand con i consumatori, costruendo l’ego delle persone”. I messaggi veicolati dalla comunicazione per essere efficaci devono farci sentire migliori con noi stessi: alcune volte più intelligenti, altre più audaci, altre più ribelli e così via con qualsiasi altra emozione che rafforzi la nostra autostima. Il brand non è un prodotto materiale, ma il valore che gli attribuiamo.
Le persone mettono in mostra i brand ai quali si sentono legati, attaccano sticker con la mela morsicata di Apple sull’auto, indossano indumenti con loghi scintillanti, ne osannano i valori sui social, e qualcuno se li tatua anche. Se offri una Pepsi, qualcuno potrebbe risponderti che beve solo Coca Cola. È un affare serio. Le emozioni veicolate dai brand agiscono ad un livello non conscio, suscitano un’identificazione personale e costruiscono le nostre ambizioni di diventare delle persone migliori.
La sfida del marketing tuttavia non sta nel creare delle emozioni nel consumatore, ma nel sapere se si sta creando o meno la giusta emozione in grado di guidare il risultato desiderato. I metodi di ricerca tradizionale finora ci hanno fornito risposte mediate e falsate dalla ragione dei partecipanti, una sorta di rivendicazione di un comportamento che in realtà trova le sue motivazioni in meccanismi automatici e non consci.
Grazie a strumenti di ricerca come l’elettroencefalogramma (EEG), la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e le tecnologie di bio-feedback (misurazione del battito cardiaco e della conduttanza cutanea) è invece possibile misurare il nostro grado di attenzione rispetto ad uno stimolo, il livello di coinvolgimento emozionale ed individuare le specifiche aree cerebrali attivate.
Saper produrre le giuste emozioni e allo stesso tempo saperle legare al proprio brand non è certo un lavoro semplice. Del resto nemmeno il nostro cervello lo è, e molto ci aspetta nei prossimi anni con gli sviluppi della ricerca neuroscientifica. Se però volete continuare questo viaggio sull’emotional marketing non potete perdere l’occasione di conoscere di persona Graeme Newell, un vero esperto della materia. La vostra chance è CERTAMENTE, il convegno italiano di neuromarketing che si terrà il 10-11 maggio a Milano. Buona continuazione!
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Fonti e approfondimenti:
ScienceDirect, Graeme Newell, NCBI
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Comments by Gero Di Bella