Nel corso della nostra quotidiana ricerca ci siamo imbattuti in alcune riflessioni di Steve Genco, autore di “Neuromarketing for Dummies”, che reputiamo particolarmente utili da tenere a mente quando si lavora con il web (e non solo). Come afferma il guru statunitense, “internet solleva alcune questioni interessanti su come ci permette di soddisfare alcuni dei nostri bisogni umani più elementari in modi che erano impossibili prima che arrivasse”. In particolare analizza in che modo il nostro cervello reagisce a tre attività che rientrano ormai nella nostra routine di internauti.
Quando cerchiamo informazioni
A differenza del consumo passivo di informazioni che avviene nel mondo offline (giornali e tg, per citarne alcuni particolarmente in crisi di audience), su internet l’acquisizione, la valutazione e il confronto di informazioni avviene invece grazie ad una ricerca attiva guidata da obiettivi specifici. I motori di ricerca come Google forniscono informazioni pressoché illimitate, eppure il cambiamento radicale non riguarda soltanto la quantità, ma il modo in cui gli utenti interagiscono con le informazioni.
Facciamo un esempio legato ad una tematica di cui si sta discutendo parecchio nell’ultimo periodo. Gli utenti più inesperti e che si avvicinano le prime volte alla ricerca online, tendono a incorrere più spesso nel rischio di sottovalutare l’attendibilità e la qualità delle fonti rispetto ai loro obiettivi. Quando invece si diventa più esperti nella ricerca, si tende a valutare l’attendibilità in modo automatico sulla base di indizi e spunti ormai stratificati nel nostro cervello. Qualcuno ha parlato di post-verità?
Questo concetto tanto semplice quanto basilare ci può tornare utile quando si tratta di progettare siti web, creare campagne di pubblicità online o definire una strategia di contenuti. Nonostante la presenza di obiettivi più o meno espliciti nell’attività di ricerca delle informazioni, sono proprio i processi rapidi e non consci che acquistano un ruolo chiave, “rendendo questa un’area di ricerca già pronta per un mix integrato di tecniche tradizionali e di neuromarketing”, sostiene Genco.
Quando condividiamo sui social
La ricerca neuroscientifica ha rilevato che parlare di noi stessi su Facebook e ricevere like è un’attività gratificante per il nostro cervello. Nulla di sorprendente per chi, come il sottoscritto, è avvezzo ad un uso quotidiano dei social media. Quello che è interessante è che attiva gli stessi circuiti di ricompensa del cibo o del sesso, stimolando il rilascio di dopamina nel nostro organismo.
Questa propensione alla condivisione insita nella nostra natura umana renderà, tuttavia, sempre meno rilevanti le inserzioni online rispetto alle preferenze enunciate dai nostri contatti. Qualcuno addirittura parla di un futuro caratterizzato più dal mimetismo che dalla decisione individuale, e copiare le preferenze più popolari renderà anche più trascurabili le qualità e la reputazione di un brand. “Come minimo, questo è un mondo in cui il potere della brand loyalty può essere indebolita dal potere del conformismo”, afferma l’autore.
Quando compriamo online
Proviamo a cercare “sciarpa” su Google e il motore di ricerca ci restituisce ben 5.630.000 risultati, offrendoci già ai primi risultati la possibilità di acquistare online quello che cercavamo e permettendoci di confrontare e scegliere tra diverse offerte sulla base di disponibilità, prezzo, marca, tessuto, le dimensioni, caratteristiche e design. Non solo, ci offre anche la possibilità di valutare l’acquisto di prodotti simili come foulard, scialli, fazzoletti da collo, stole e pashmine.
Neuroscienziati e psicologi social concordano che questa sovrabbondanza di scelta può avere diverse implicazioni per la nostra capacità umana di prendere delle decisioni:
● Nessuna scelta: quando le scelte diventano troppe, i consumatori spesso scelgono di non scegliere;
● Dipendenza dall’abitudine: gli acquisti abituali costituiscono un modo per non scegliere, affidandosi a scelte che hanno già funzionato in passato;
● Dipendenza dagli altri: quando le persone non riescono a districarsi nella complessità della scelta, diventano più dipendenti dalle opinioni altrui;
● Meno autocontrollo: le scelte complesse richiedono un processo mentale faticoso che a volte può far perdere la forza di volontà e aumentare l’impulsività;
● Dipendenza dalle euristiche: quando diminuisce la forza di volontà si è anche più dipendenti dalle intuizioni, ignorando le capacità decisionali del nostro sistema razionale, quello che il premio Nobel Daniel Kahneman definisce come “system 2”.
Per concludere, la quantità illimitata di informazioni reperibili online mette a dura prova le nostre capacità decisionali. Quando la scelta diventa eccessiva, il nostro cervello tende ad evitarla del tutto o a rispondere in maniera più istintiva, irrazionale e a volte meno efficace. Come suggerisce Steve Genco, il nostro compito come professionisti del web e quello di cogliere “l’opportunità di sviluppare strumenti di supporto decisionale in grado di semplificare le scelte complesse e restituire il controllo della scelta ai consumatori”.
Fonte: Intuitive Consumer Blog
Comments by Gero Di Bella