L’origine delle emoticon è incerta, qualcuno fa addirittura risalire il loro primo utilizzo al lontano 1862, nella trascrizione di un discorso di Abraham Lincoln, ma la sua comparsa in versione digitale è generalmente datata ben più tardi. Nel 1982, il professor Scott Fahlman della Carnegie Mellon University, scrivendo su una bacheca elettronica dell’università volle fare una battuta su un ascensore del campus. Per fare in modo che nessuno prendesse il post come un avvertimento di sicurezza, contrassegnò il messaggio con uno smile 🙂 e propose ai colleghi di fare lo stesso per tutti i successivi messaggi ironici. In pochi giorni il simbolo si diffuse in tutto il campus e in breve arrivò alla Stanford University tramite un giro di email, da dove si diffuse poi in tutto il web.

Nulla in rete però rimane a lungo immutato, la configurazione dello smile per esempio è cambiata adattandosi alla cultura dei vari paesi. Mentre 🙂 indica un sorriso in occidente, in Giappone lo è un ^ _ ^. E dal paese del sol levante è arrivata anche la sua successiva evoluzione, nel 1990 infatti una società di comunicazione giapponese ha trasformato la semplice emoticon in delle icone digitali più espressive. Queste hanno preso il nome di emoji, e sono le faccine che utilizziamo tutti i giorni per esprimere le nostre emozioni nelle comunicazioni digitali.

Cosa dice la neuroscienza
Anche la scienza cognitiva si è interessata alle emoticon e sono stati condotti svariati studi nel corso degli anni. Nel 2006 dei ricercatori della Tokyo Denki University in Giappone hanno esaminato come reagivano dei volontari alla visualizzazione di emoticon e poi di visi reali tramite dell’imaging cerebrale. In entrambi i casi i partecipanti hanno mostrato l’attivazione della parte destra del giro frontale inferiore, l’area dedicata all’elaborazione emotiva, ma solo quando hanno visualizzato le immagini facciali si è registrato un aumento dell’attività del giro fusiforme destro, la regione che elabora i visi. In altre parole, le emoticon sembravano cavalcare la linea tra la comunicazione verbale e quella non verbale, ma venivano elaborati diversamente rispetto ai visi.

Lavori più recenti, guidati dallo psicologo australiano Owen Churches della Flinders University, hanno ripetuto il test con un diverso approccio scientifico. Utilizzando EEG (elettroencefalogramma), questa volta gli scienziati hanno rilevato una forte attività sia nella zona emozionale che nel centro di elaborazione dei visi. La spiegazione secondo Churches è da rintracciare nella capacità di adattamento del nostro cervello e nella diffusione endemica delle emoticon negli ultimi anni. Come sottolinea lo scienziato infatti, il nostro mondo è fortemente cambiato nell’ultimo decennio e così è cambiato anche il nostro cervello.

Adesso quindi se inviamo ai nostri amici uno smile, esso attiverà la loro corteccia occipito-temporale proprio come farebbe un sorriso reale. Come ricorda Dacher Keltner, psicologo della University of California, i nostri occhi sono naturalmente attratti da tutto ciò che somiglia ad una faccia e lo elabora ad una velocità nettamente superiore. Questa capacità di leggere le espressioni facciali e il linguaggio non verbale è avvenuta nel corso dei millenni per ragioni di sopravvivenza e in modo analogo oggi ci siamo evoluti a leggere anche le emoticon. Si tratta di scoperte notevoli in quanto rivelano come un simbolo nato come semplice indicatore per uno scherzo sia stato in grado di modificare il nostro linguaggio e il nostro cervello in pochissimo tempo, diventando ormai una lingua universale molto più di quanto sia riuscito a fare l’esperanto.

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5 motivi per utilizzare le emoticon nella propria comunicazione

1 Ti rendono più popolare sui social media. Un’analisi di oltre 31 milioni di tweet e mezzo milione di messaggi di Facebook ha scoperto che le emoticon positive aumentano il tuo social status.

2 Vanno bene anche in contesti di business. Uno studio della University of Missouri-St. Louis ha dimostrato che la percezione del mittente migliora se nelle email di lavoro è contenuto uno smile e che la credibilità non viene influenzata. Occhio a non esagerare però!

3 Ammorbidiscono le critiche. Dei ricercatori di alcune università cinesi hanno mostrato che l’uso di emoticon aumenta il percepito delle buone intenzioni di chi fornisce un feedback.

4 Ti fanno apparire più cordiale e competente. Un altro studio ha fatto chattare delle persone con degli esperti di salute e degli esperti di cinema. I partecipanti hanno ritenuto gli esperti più cordiali e competenti quando utilizzavano delle emoticon. Inoltre è stato anche rilevato un vantaggio collaterale non indifferente: sembra che inserire delle emoticon possa aiutare a ricordare meglio ciò che si è letto!

5 Possono renderti feliceUno studio del 2008 ha dimostrato che utilizzare emoticon positive aumenta la felicità nella vita reale. Gli utenti infatti hanno sperimentato un effetto positivo sul godimento e sull’interazione personale quando le informazioni venivano presentate con delle faccine.

L’emoticon marketing nelle strategie di branding
Oggi le emojis sono ovunque, nei film, nelle campagne di marketing, nelle password bancarie. Da un recente studio di Instagram, solo in Italia nell’ultimo anno i post contenenti emoji sono stati il 45%, ma è errato considerarle un linguaggio utilizzato solo dai millennial. Un’indagine condotta da Emogi ha scoperto che il 75% degli uomini e 84% delle donne intervistate ritiene che siano il modo migliore per esprimere le proprie emozioni nella comunicazione digitale. Un altro studio condotto da Adobe ha rilevato che quattro persone su cinque tra i 18 e i 65 anni usano le emoji regolarmente. Inoltre, le persone sopra i 65 anni sono più inclini rispetto a qualsiasi altro gruppo di età a definirle appropriate anche nell’invio di messaggi in ambito lavorativo, sia ad un superiore, che ad un pari o subordinato.

La capacità delle faccine di umanizzare la comunicazione è infatti uno dei motivi per cui i brand hanno iniziato ad integrarli nelle proprie strategie di branding.Ecco qualche esempio:

Casa Bianca
Nel 2014, anche il Council of Economic Advisors della Casa Bianca ha pubblicato un rapporto sullo stato dell’istruzione, sul debito e sui tassi di assistenza sanitaria. Ma quanti si sarebbero effettivamente seduti a leggere un rapporto di oltre 40 pagine? Il rapporto è stato quindi accompagnato da un’infografica con che conteneva emoji.

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Goldman Sachs.
Le banche di investimento non sono solitamente famose il loro umorismo, ma non è il caso di Goldman Sachs che nel marzo 2015 ha dedicato un tweet ai millennial utilizzando le emoji.

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Chevrolet.
Lo scorso giugno, Chevrolet ha addirittura lanciato un comunicato stampa interamente in emoji, sfidando il pubblico a decifrarne il significato.

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Domino’s Pizza.
La catena di pizzerie statunitente consente oggi ai propri clienti di effettuare un ordine semplicemente twittando una fetta di pizza tramite emoji.

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Norwegian Airlines.
La compagnia aerea norvegese ha aperto un dominio con un url composto solo da emoji.

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Fonti
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