Scenario 1: hai appena indossato un comodissimo pigiama e sei pronto a occupare il tuo posto sul divano e, mentre dalla cucina giunge il caratteristico profumo di popcorn appena fatti, la colonna sonora che introduce il film fa da sottofondo. 

Scenario 2: con la tua bibita fresca appena spillata e il cesto dei popcorn riempito fino all’orlo ti stai facendo strada nella giungla di gambe che ti separa dal tuo posto a sedere, la sala è piena, le luci si sono spente, il film sta per cominciare. 

Che siate spettatori “casalinghi” o assidui frequentatori di sale cinematografiche, a muovervi è la passione per il cinema. 

Da sempre il cinema rappresenta un’arte che accompagna gli spettatori ad evadere dalla vita quotidiana e ad immergersi in quella altrui, innescando una sequenza di processi percettivi, cognitivi ed emotivi.  

Processi che possono essere osservati valutando le risposte cerebrali scatenate dagli stimoli visivi. 

Nel 2008, Uri Hasson, (1) neuroscienziato e professore di Psicologia presso l’Università di Princeton, coniò il termine neurocinema per indicare il connubio tra l’ambito delle neuroscienze e quello della cinematografia. 

Il neurocinema ha l’obiettivo di misurare gli effetti che un film può provocare nel cervello dello spettatore. Per raggiungere questo scopo si ricorre a tecnologie e tecniche di bio-feedback utilizzate dalle neuroscienze e nel neuromarketing, come la risonanza magnetica (fMRI), l’EEG, la Skin Conductance , che misura le reazioni cutanee, e l’eye-tracker che si concentra sul movimento oculare; i dati consentono di misurare l’interesse, l’attenzione, il coinvolgimento emotivo e la memoria delle persone in risposta agli stimoli durante la visione di un film. 

L’obiettivo è quello di attrarre meglio gli spettatori e fare in modo che vivano un’esperienza particolarmente coinvolgente e quindi  indimenticabile. 

I neuroni specchio, in questo senso, giocano un ruolo importantissimo. 

Il ruolo dei neuroni specchio nel cinema. 

Negli anni Novanta, un gruppo di ricercatori italiani presso l’Università di Parma scoprì un particolare tipo di neurone nelle scimmie, denominato neurone a specchio. Negli anni successivi esso fu individuato anche nell’essere umano. In seguito, gli esperimenti del 2004 condotti da Rizzolati e Craighero, (2) tramite tecnologie di misurazione neuroscientifiche, dimostrarono che, anche in assenza di attività motoria, quando gli individui osservano un’altra persona compiere una determinata azione, anche l’area della loro corteccia motoria deputata a quella azione. 

Questa attivazione è causata appunto dai neuroni a specchio che hanno la capacità di “rispecchiare”, farci provare la stessa esperienza di un altro individuo. Attraverso i neuroni specchio è dunque possibile non solo comprendere il contenuto e prevedere le eventuali conseguenze di un’azione, ma anche provare le stesse emozioni che quell’azione ci susciterebbe (es. vedere qualcuno che gusta un gelato ci fa venire l’acquolina in bocca). Come esseri umani, siamo inoltre capaci di comprenderci a vicenda attraverso una decodifica ed interpretazione  degli stati mentali che precedono e causano un’azione mentre sta per compiersi.  

Il collegamento tra individui è il ponte che porta al fenomeno dell’identificazione e dell’empatia: una delle risorse più sfruttate nell’ambito cinematografico, in quanto lo spettatore osserva costantemente le azioni dei protagonisti, leggendone le emozioni e mettendosi nei loro panni. (3)

Il compito dei registi è quello di creare delle sequenze in grado di rendere gli spettatori partecipi del film stesso. Una tecnica molto utilizzata è quella del primo piano: riprendere un attore in volto permette allo spettatore di familiarizzare direttamente con il viso e le sue espressioni, promuovendo la condivisione di emozioni e sentimenti. 

Inter Subject Correlation test: l’esperimento di Hasson.

Tornando ad Uri Hasson, il pioniere del neurocinema, è di cruciale importanza citare il suo famoso esperimento chiamato “Inter Subject Correlation”. Il suo studio aveva due scopi: trovare delle somiglianze nelle risposte neurali dei soggetti sottoposti al test e studiarne le conseguenze. L’indagine prevedeva che i soggetti, tra i 25 e i 50 anni, guardassero 30 minuti del famoso film di Sergio Leone “Il buono, il brutto e il cattivo”, mentre venivano sottoposti a una risonanza magnetica (fMRI). Il video e l’audio erano computerizzati all’interno dello strumento della fMRI e ai soggetti era stata concessa totale libertà durante la visione: potevano interromperla in qualsiasi momento. Nonostante questa libertà di scelta, dai risultati emersero dei dati interessanti. Circa il 45% dei soggetti mostrava, a livello della neocorteccia, un indice molto alto di intersoggettività in varie aree del cervello, per esempio l’area di Wernicke (correlata al linguaggio) e altre aree relative alla multi-sensorialità e alla ricezione di emozioni. 

Le stesse tecniche, utilizzate da Hasson per il film di Alfred Hitchcock “Bang! You’re dead”, mostrarono risultati ancora più interessanti: l’indice di intersoggettività arrivava al 65%. 

È evidente, dunque, come l’utilizzo di tecniche di misurazione neuroscientifica possa essere un potente alleato del cinema. Peter Katz, produttore cinematografico americano, in un’intervista rilasciata nel 2009 affermò che “in futuro i film potranno facilmente diventare più efficaci nel soddisfare le aspettative del loro particolare genere […]. I registi saranno in grado di tracciare con precisione quali sequenze eccitano, coinvolgono emotivamente o perdono l’interesse nello spettatore in base (allo studio) di quali aree del cervello sono attivate”. 

Inside Out: un esempio di neurocinema.

Il film d’animazione della Pixar Animation Studio che nel 2015 ha stregato milioni di spettatori di tutte le età è da poco tornato a riempire le sale con il secondo appuntamento della saga: Inside Out 2. 

Come abbiamo visto in questo articolo, le neuroscienze sono un potente alleato del cinema e questo film ne è una fedele dimostrazione. Inside out 2 realizza una radiografia di tutto ciò che può accadere all’interno della mente di una ragazzina adolescente alle prese con il proprio sviluppo fisico e mentale. Rispetto al primo film, infatti, nel quale venivano rappresentate le emozioni di gioia, tristezza, rabbia, paura e disgusto, in questo sequel si aggiungono al team anche le emozioni più complesse che affiorano con la crescita personale e le nuove sfide che la vita presenta alla protagonista. Stiamo parlando di ansia, noia, invidia e imbarazzo. Questa squadra di emozioni lavora all’interno della testa dell’adolescente Riley, proprio come in una vera e propria sala di controllo. 

Per creare e realizzare la sceneggiatura del film, Peter Docter, co-sceneggiatore e co-regista, ha cercato di comprendere in profondità la scienza che sta dietro ai concetti intellettuali come la personalità e la memoria. Inoltre, ha studiato gli articoli scientifici di Dacher Keltner, professore di psicologia e direttore del laboratorio GGSC – Greater Good Science Center dell’Università di California, Berkeley, nonché grande esperto di emozioni. Keltner utilizza come strumento neuro-analitico le tecniche di monitoraggio del flusso sanguigno nel cervello e il face reader per la misurazione dei movimenti facciali non consci che comunicano le emozioni provate dalla persona. 

Il Professor Dacher Keltner ha tenuto varie riunioni e lezioni presso i Pixar Animation Studios di Meryville per spiegare ai creativi le basi, la fisiologia e lo scopo delle emozioni, in modo che potessero caratterizzare perfettamente la personalità di ciascuno dei personaggi. Dopo aver visto il film ha dichiarato che il risultato è stato molto buono perché è coerente con le nuove linee di ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze. 

E voi avete mai fatto caso a come cambia il vostro stato d’animo mentre siete immersi nella visione di un film?  In ogni caso, buona visione!

  1. Hasson U., et al., 2008. Neurocinematics: The Neuroscience of Film. Berghahn Journals, vol. 2, pag. 18 https://www.cns.nyu.edu/~nava/MyPubs/Hasson-etal_NeuroCinematics2008.pdf 
  2. Rizzolatti G., Craighero L., 2004. The mirror- neuron system. Journal of annual reviews, vol. 27, pag. 169-192 
  3. https://filmoterapia.pl/wp-content/uploads/2015/07/Film-Studies-and-the-New-Science.pdf 
  4. Katz P., 23.09.2009. NEUROCINEMA AIMS TO CHANGE THE WAY MOVIES ARE MADE. Wired.