Il food waste, ovvero lo spreco alimentare, rappresenta un fenomeno globale che riguarda l’utilizzo inefficiente delle risorse destinate all’alimentazione. Quando si parla di spreco alimentare si intende cibo prodotto e non consumato o perduto lungo il ciclo di produzione e distribuzione: in questo insieme rientra, dunque, sia lo spreco di materie prime e di semilavorati che vengono scartati, sia di prodotti commestibili che non vengono consumati. 

Lo spreco alimentare non costituisce solo un problema etico ed ecologico, ma anche economico e sociale.

L’attenzione dei consumatori nei confronti di questo fenomeno, per fortuna, è in crescita.

Secondo un report del Capgemini Research Institute dal titolo “Reflect. Rethink. Reconsider. Why food waste is everybody’s problem”, che ha coinvolto 10.000 consumatori e dirigenti di 1.000 grandi organizzazioni attive nel settore della produzione e commercializzazione di prodotti alimentari, la sensibilità delle persone è in forte crescita. L’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, i problemi della filiera e le preoccupazioni relative alla sostenibilità, stanno infatti modificando i loro comportamenti.

Secondo i dati forniti dalla medesima ricerca, il 72% dei consumatori è consapevole dei propri sprechi alimentari, rispetto ad un 33% registrato nel 2020. Oltre il 90% dei consumatori preferisce marchi che si impegnano a ridurre gli sprechi alimentari e il 61% desidera un impegno maggiore da parte di rivenditori e aziende. 

Con l’aiuto della tecnologia e delle neuroscienze, produttori e rivenditori possono ampliare le loro iniziative contro lo spreco alimentare coinvolgendo consumatori e dipendenti, costruendo supply chain intelligenti e migliorando la comunicazione del brand e la sua responsabilità per soddisfare le aspettative dei consumatori. 

I consumatori ritengono di essere troppo spesso abbandonati a loro stessi per quanto riguarda la riduzione degli sprechi alimentari. Circa l’aumento della durabilità del cibo per il consumo domestico, il 67% afferma di rivolgersi a fonti esterne per ottenere informazioni (amici, familiari, influencer e social media), mentre solo un terzo (33%), afferma di reperirle grazie a confezioni, pubblicità o campagne gestite da produttori e rivenditori di generi alimentari.

Dal report emerge che, in scia all’incremento della consapevolezza dei consumatori sul tema dello spreco alimentare, rivenditori e produttori di generi alimentari devono adoperarsi per conquistare la loro fiducia. Il 91% dei consumatori si dichiara infatti disponibile ad acquistare prodotti di marchi e rivenditori che divulgano informazioni sulla gestione degli sprechi alimentari, mentre il 58% è propenso a incrementare la propria spesa presso aziende che adottano misure concrete per la gestione degli sprechi alimentari.

Le neuroscienze possono aiutare a combattere lo spreco.

Secondo una ricerca di Charles Spence, psicologo e ed esperto di design sperimentale britannico nonche tra i relatori di CERTAMENTE, riportata nel suo libro “Gastrophysics. The new science of eating“, solo l’1% della corteccia cerebrale è coinvolta nella percezione del gusto. Nell’ambito del consumer behavior e delle scienze comportamentali, è noto come la percezione di uno stimolo non dipenda solo dallo stimolo in sé ma anche dal contesto. Dove, quando e come viene percepito. Queste caratteristiche contestuali, se utilizzate con la giusta metodologia, possono risultare efficaci nella lotta contro lo spreco alimentare e fare la differenza.

La gastrofisica

Negli ultimi decenni è nata una nuova disciplina scientifica, che si colloca a metà tra le scienze della nutrizione e la psicologia cognitiva, che studia come il contesto impatti sulla nostra esperienza alimentare: la gastrofisica.

La gastrofisica si definisce come “lo studio scientifico di quei fattori che influenzano l’esperienza multisensoriale mentre vengono consumati cibo e bevande”. L’approccio innovativo della disciplina sta nell’adottare una visione “cross-modale” degli stimoli: qualsiasi cosa stia avvenendo in uno dei nostri sensi, inevitabilmente influenza anche gli altri.

Una delle tecniche che si possono applicare a livello pratico è quella di servire la pietanza in un piatto dalle dimensioni ridotte. È stato infatti dimostrato come un piatto più piccolo possa permettere di mangiare meno e sprecare meno. Il cervello umano ha infatti una dominanza visiva: se il piatto appare pieno ci sentiamo più sazi, perché pensiamo di mangiare di più. Sia nella ristorazione, sia nella vendita gastronomica è dunque fondamentale curare questo aspetto, cercando un corretto equilibrio tra la dimensione del piatto o del packaging e la quantità del cibo al suo interno.

Un’altra evidenza emersa dagli studi del prof. Spence è che le persone tendono a sprecare meno cibo se mangiano in compagnia. A questo proposito, alcuni ristoranti hanno adottato un’architettura particolare così da non favorire la consumazione dei pasti in solitudine e ridurre sensibilmente l’avanzo dei cibi. Secondo una survey del governo inglese datata 2013 (food statistics pocketbook,2013),  le persone che vivono da sole tendono a buttare il 40% in più di cibo rispetto a chi vive con altri.

Azioni concrete contro lo spreco alimentare, Too Good To Go e Banco Alimentare.

Nata nel 2015 in Olanda, Too Good To Go ha fatto della lotta contro lo spreco alimentare il proprio cavallo di battaglia. La sua formula, semplice ed efficace, consiste nel connettere i consumatori con i produttori e i distributori per smaltire a fine giornata il cibo invenduto o prossimo alla data di scadenza.

L’incontro tra queste tre parti avviene attraverso un app dedicata che consente la scelta e l’acquisto dei prodotti. Inoltre l’azienda fa molta informazione per aiutare a combattere gli sprechi alimentari alla radice.

Grazie ad iniziative come questa, la lotta allo spreco può diventare un obiettivo comune e raggiungibile.

Banco Alimentare è una onlus che dal 1989 recupera dalle aziende alimentari prodotti che poi distribuisce alle organizzazioni partner territoriali che aiutano le persone e le famiglie in difficoltà in tutta Italia. L’organizzazione può contare su quasi duemila volontari stabili e ogni anno supporta più di un milione di persone, fornendo tonnellate di cibo e collaborando attivamente a ridurre lo spreco alimentare in Italia.

Risulta evidente come sia possibile, attraverso iniziative e attività di comunicazione mirate, sensibilizzare la popolazione sul tema e applicare dei nudge in grado di motivare le persone a compiere determinate scelte virtuose.

È di importanza cruciale renderci conto che cambiare il comportamento non è semplicemente questione di informare le persone di cosa sia buono o meno per loro o che cosa sia sostenibile per il pianeta terra. Sono necessarie una moltitudine di strategie alternative in grado di motivare gli individui verso comportamenti alimentari più sostenibili e sani; strategie che devono tenere in considerazione come la nostra percezione del cibo venga costruita per la maggior parte cognitivamente, nella mente, non nella bocca. Il Food Hacking, l’utilizzo delle conoscenze provenienti dalla Gastrofisica, ha la possibilità di diventare sempre più presente nella cultura contemporanea perché non è questione di se, ma di come predisporre qualcosa (in questo caso, il cibo). Se si può costruire il contesto migliore per migliorare il benessere di tutti, perché non farlo?

C, Spence (2018), Gastrophysics. The New Science of Eating. Penguin Random House UK

https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/315418/foodpocketbook-2013update-29may14.pdf

https://www.researchgate.net/publication/359666680_Understanding_Consumers’_Food_Waste_Reduction_Behavior-A_Study_Based_on_Extended_Norm_Activation_Theory